I prelati disobbediscono a Papa Ratzinger. Nella Capitale niente messa in latino
Non è tutto oro quel che luccica. Anche all’interno del Vaticano. E se Papa Ratzinger sembra potere contare su una classe politica pressochè genuflessa, a destra come a sinistra, non così si può dire dei suoi parroci romani. Che, come riferisce una fonte dell’Opus Dei a “L’opinione”, “appena escono di cinquanta metri dalle mura Leonine fanno come vogliono”. Prendiamo la famosa messa in latino: quasi nessuno vuole sentirne parlare. E i parroci dicono di no anche ai fedeli che espressamente chiedono questo rito, ovviamente depurato dall’ allusione ai “perfidi giudii” e in generale all’accusa di deicidio rivolta agli ebrei. Capita sempre più spesso proprio ai matrimoni o ai funerali di ottenere rifiuti in materia di latino e dintorni. E le cerimonie sacre sempre più spesso si trasformano in ring di polemiche tra il macabro e il grottesco tra i parenti del de cuius e i preti. Che non transigono, per motivi molto più banali, anche sulla scelta dei canti per la liturgia. Sempre più difficile farsi suonare Bach o Brahms. La pretesa è quella di andare avanti con i motivetti tipo “..resta con noi signore Alleluja..” o “..a te signore leviamo i cuori a te signore noi li doniam..”.
Motivetti che vengono preferiti a Bach e Bramhs per due semplicissimi motivi: il primo è perché tra i preti romani è fortissima la lobby della “messa beat”, essendo tutti, o quasi, catto comunisti e post conciliari (e infatti il Concilio Vaticano II sta ai sacerdoti come il ’68 sta ai laici, ndr); il secondo è perché su quegli insulsi motivetti c’è chi ci becca fior di soldi di diritti d’autore. Con tanto di registrazione alla Siae. E si tratta di preti o monsignori, come monsignor Frosina della Chiesa degli artisti di piazza del Popolo. Che è l’autore delle “canzonette da chiesa” più note.
Proprio per essere sicuri che nessuno si azzardi a usare l’organo per suonare musica classica, invece di questi insulsi motivetti, gli organi vengono tenuti malissimo in quasi tutte le chiese di Roma. Di modo che se uno fa l’errore di invitare a suonare, per un matrimonio, una cresima o un funerale, un qualche amico organista, questi si vede costretto a rinunciare dato lo stato di abbandono in cui versano gli strumenti. Insomma i parroci si comportano come satrapi nelle rispettive parrocchie. E’ il lato B dell’8 per mille. L’ipocrisia è imperante. E, come dice la nostra fonte dell’Opus dei, “Ratzinger è ascoltato solo dai politici italiani, certamente non dai preti”.
Edizione 267 del 06-12-2007 – di Giorgio De Neri – L’opinione