Benedetto centro

Gli incontri di Ruini. L’attivismo dei vescovi. Le prese di posizione dei media cattolici. Così la chiesa interviene nella campagna elettorale. Per sostenere Casini. Farsi largo nelle liste di Berlusconi. E strappare voti a Veltroni

Eminenza, da chi andremo?… Come discepoli senza guida, come agnelli abbandonati in mezzo ai lupi, deputati, assessori, consiglieri regionali in cerca di conforto si rivolgono al loro leader: il cardinale Camillo Ruini. Nel fine settimana, per esempio, è salito in Laterano per chiedere lumi il presidente dei medici cattolici Vincenzo Saraceni, assessore alla Sanità della Regione Lazio ai tempi di Francesco Storace in quota Forza Italia. Il professore aveva a cuore una domanda: restare con il Cavaliere nel nuovo partitone di centrodestra oppure seguire le sirene centriste di Pier Ferdinando Casini? Il cardinale ha cancellato i dubbi: per carità, ognuno resti dov’è. Nessuna concorrenza al centro va incoraggiata. Il nemico è un altro.


Il nemico è individuato con la consueta schiettezza dal direttore di Radio Maria, padre Livio Fanzaga:"Basta un solo radicale per portare lo scompiglio, figuriamoci otto o nove deputati. Ma chi li ha messi in lista? Lui, Veltroni!". E Umberto Veronesi, capolista del Pd in Lombardia? "È il portabandiera dell’eutanasia, il leader della dolce morte e del suicidio di Stato", ha tuonato il padre dai microfoni della popolare emittente nella rassegna stampa del 26 febbraio. In sintonia con quanto aveva scritto il giorno prima ‘Famiglia cristiana’: "Questo Pd è un pasticcio veltroniano in salsa pannelliana". Un attacco che ha stupito l’ex sindaco di Roma: "Non me l’aspettavo. Con il settimanale dei paolini ho sempre avuto un buon rapporto, sono stato loro editorialista".

Non era prevedibile, in effetti, che il Pd finisse sotto il tiro dei tradizionalisti di Radio Maria ‘ma-anche’ degli ex progressisti di ‘Famiglia cristiana’, sempre più legati al segretario di Stato Tarcisio Bertone. Un fuoco di fila che testimonia l’importanza della partita del 13 aprile, vista nell’ottica vaticana:
in gioco c’è la rilevanza dei cattolici nel Paese scelto da papa Ratzinger come modello per l’Occidente, l’unico dove la Chiesa non sia "morente". Almeno in apparenza.

Su questo punto Ruini e Bertone sono d’accordo: la politica è il terreno privilegiato per difendere la presenza cristiana in Italia. Sono giorni di grande attivismo per l’ex presidente della Cei. Strategie, alleanze, nomi da candidare, rapporti personali da ricucire. C’è lo scontro tra Casini e Berlusconi. La guerra tra gli aspiranti leader dei partitini di centro, Bruno Tabacci e Mario Baccini contro Totò Cuffaro. L’ingresso dei radicali nel Pd che conferma la diffidenza che una parte della gerarchia ecclesiastica ha sempre nutrito nei confronti di Veltroni. Come se non bastasse, la micro-lista anti-aborto di Giuliano Ferrara che "rischia di sottrarre voti ad altre liste storicamente già affermate, dove la presenza dei cattolici è collaudata", si è allarmato il direttore di ‘Avvenire’ Dino Boffo. Traduzione: l’Elefantino potrebbe togliere voti all’Udc. E già: per anni gli atei devoti sono stati gonfiati a dismisura da Boffo e i suoi. E adesso che arrivano a inginocchiarsi per baciare la mano al papa vengono mollati in nome dell’aritmetica elettorale.

Per forza: ai numeri il cardinale Ruini tiene moltissimo. Ha sempre evitato di farsi inchiodare alle percentuali di questo o quel partito. Contare senza mai contarsi, è il suo motto. Per questo nei giorni che hanno preceduto la separazione tra Berlusconi e Casini, Sua Eminenza è intervenuto in prima persona per evitare la rottura. La spaccatura però c’è stata e ora bisogna fare in modo che da un male possa nascere un bene.

Il bene, per i vescovi, è l’accentuazione dell’identità cattolica da parte di Berlusconi, molto gradita nelle curie più influenti. Segnalata dalla candidatura di Eugenia Roccella nelle liste del Cavaliere: l’ex radicale, portavoce del Family Day lo scorso maggio, è una pupilla di Ruini. E poi nel Pdl c’è la new entry Angelo Chiorazzo, il vice-presidente della Cascina, la cooperativa di ristorazione vicina a Comunione e liberazione, nota alle cronache giudiziarie degli anni Ottanta. Candidato da Giulio Andreotti e da Gianni Letta, dopo anni di frequentazione con Mastella. Così intimo di Clemente da aver organizzato più di un incontro con il cardinale Bertone (per questa attività nell’Udeur lo chiamavano ‘il vaticanista’) e da averlo accompagnato sull’Airbus presidenziale nella famigerata gita a spese dello Stato al gran premio di Monza.

Nomi che dimostrano come Ruini non abbia nessuna intenzione di farsi trascinare nella guerra tra Berlusconi e Casini. Ma il Vicario guarda con preoccupazione ai destini elettorali del partito di centro: se le cose dovessero andare male, per la Chiesa sarebbe un disastro. Per questo è arrivato il via libera al tentativo di Casini, nonostante le rivalità personali tra i capicorrente che fanno parte dell’impresa. La soluzione è lì, a portata di mano: "Casini ci mette la faccia, Pezzotta l’anima, Tabacci e De Mita la testa, Capaldo i soldi", elencano gli strateghi del nuovo centro.

Il regista dell’operazione per la Chiesa è una garanzia: il professor Pellegrino Capaldo, già presidente di Banca di Roma, il talent scout di Cesare Geronzi che era suo direttore generale, il banchiere che concluse la trattativa con lo Stato sul buco del Banco Ambrosiano senza perdite per il Vaticano, vicino a Ruini fin dai tempi in cui aveva finanziato la costruzione di 50 chiese nella capitale. A poche ore dall’accordo, quando si era deciso di cancellare dal simbolo la parola centro per puntare a qualcosa di più evocativo, l’Alleanza popolare con un richiamo ai liberi e forti da cui nacque il partito di don Luigi Sturzo, l’antenato della Dc, Tabacci, Baccini e Savino Pezzotta sono tornati a metterla giù dura sulla candidatura di Cuffaro in Sicilia. Il vero obiettivo è un altro: il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, da sempre l’uomo di fiducia di Casini.
Al suo posto Tabacci vorrebbe Pezzotta. Ma è difficile che Casini voglia privarsi del suo fedelissimo. Per aprire la campagna elettorale, il primo marzo, l’Udc di Cesa ha scelto l’auditorium di via della Conciliazione, all’ombra del Cupolone, gestito dalla società I Borghi. E chi possiede un bel pacchetto di azioni della srl? Cesa, sempre lui. Ci sarà lo sconto sull’affitto della sala, almeno.

Faccende che ai vescovi interessano poco. Bisogna fare presto per mettere il soggetto di centro nelle condizioni di assolvere al compito assegnato: strappare voti al Pd di Veltroni. L’obiettivo, ragionano nelle curie, è offrire una nuova casa a quella parte di elettorato cattolico che considera Berlusconi come il male assoluto, ma che si trova a disagio a votare una lista con Emma Bonino. Preti, suore, laici che temono la scomoda convivenza. "Ho ricevuto una valanga di mail di protesta", racconta il deputato del Pd Francesco Garofani: "La nostra gente non l’ha presa bene: i radicali sono il nostro contrario, non solo sulle questioni etiche, ma anche su quelle economiche. E Casini potrebbe intercettare il voto degli scontenti". Per questo l’area cattolica del Pd ha riunito le truppe in un convegno con Veltroni. E prova a gonfiare le liste di credenti doc: il confederale della Cisl Pierpaolo Baretta, l’ex vice-presidente dell’Azione cattolica Ernesto Preziosi, il leader del Terzo settore Edo Patriarca. Nella speranza di tranquillizzare Ruini.

Difficile che ci riescano, però. La novità di questa campagna elettorale, il Pd che corre da solo, mette in difficoltà anche la lobby ecclesiale. E c’è il timore che il 13 aprile possa segnare l’inizio di una nuova stagione anche nei rapporti tra la Chiesa e la politica italiana, non più segnata dall’egemonia cattolica. Dalle urne potrebbe uscire una situazione simile a Francia, Spagna, Germania, paesi dove i vescovi dicono la loro sui grandi temi, ma i leader fanno di testa propria, in modo laico. Quello che per le gerarchie è inaccettabile in Italia: Ruini lo chiama "il rischio dell’irrilevanza" dei cattolici. Un esito imprevisto per l’ex presidente della Cei che una settimana prima della caduta del governo Prodi aveva riempito piazza San Pietro di politici ossequiosi. È successo poco più di un mese fa e sembra già una cartolina ingiallita: aprile potrebbe significare il tramonto per il cardinale che amava la politica.

di Marco Damilano – L’Espresso – 3 marzo 2008

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