Se l’albergo è sacro, la fiscalità è agevolata

Centinaia di strutture di ogni livello (dall'agriturismo al «quattro stelle»), con un giro d'affari rilevante
 
Se l'albergo è «sacro», la fiscalità è agevolata
Ernesto Geppi

Che ne dite di un bel fine settimana a Roma pagando la metà di quanto si paga in un hotel a tre stelle? Se non vi formalizzate per i nomi e se passate sopra a qualche altro piccolo particolare, è fatta. Potrete essere ospiti, solo per fare qualche esempio, della «Casa di esercizi spirituali Sacro Costato» o delle «Ancelle di Maria Immacolata» o dell'«Eremo domenicane di Santa Rosa da Lima».
 
La rosa, o meglio il rosario, delle strutture fra cui scegliere è davvero ampio. La scelta di soggiornare presso strutture religiose non è una soluzione solo dei più assidui di parrocchie e conventi: esistono agenzie di promozione e valorizzazione, come ad esempio il Centro italiano turismo sociale (www.citsnet.it) che vende anche una tessera comprensiva di copertura assicurativa.
 
Secondo una ricerca dell'Ares nel Lazio ci sono circa 900 immobili «in cui si pratica attività di accoglienza o alberghiera a pagamento». Tanti: secondo gli ultimi dati Istat nel Lazio nel 2006 risultavano esserci in totale più di 1.800 alberghi: sommando a questa cifra gli altri esercizi complementari (agriturismi, residence, ecc.) si arriva a circa 5 mila esercizi. Gli istituti religiosi rappresentano dunque, secondo le stime Ares (la ricerca è scaricabile da www.aresricerche.it), il 20% delle strutture ricettive della regione.

E' bene ricordare che si tratta di strutture molto diverse fra loro. Esistono grosse strutture nelle aree di lusso del centro di Roma trasformate in veri e propri alberghi a tre o quattro stelle, strutture di accoglienza più piccole, pensionati universitari di varia dimensione. Considerando questo ventaglio di realtà, i ricercatori di Ares hanno provato a stimare il fatturato di questo segmento di mercato. Partendo dall'ipotesi di una capacità ricettiva di 30 mila posti letto, viene stimato un fatturato giornaliero di 1,5 milioni di euro e uno annuo di 270 milioni di euro: quest'ultima misura è stata ottenuta ipotizzando una occupazione effettiva del 50% della capacità ricettiva (per gli alberghi della regione si colloca attorno al 60%). Sono molti soldi e un notevole reddito a fiscalità molto agevolata.

Un tre stelle «laico» a Roma costa intorno ai 100 euro per la singola e 120 la doppia, ma nelle zone più strategiche si può arrivare tranquillamente a cifre superiori ai 200 euro. Gli alberghi religiosi costano molto meno e sono «alberghi normalissimi dai quali si può entrare e uscire a proprio piacimento». Ares stima rette attorno ai 45 euro per una stanza singola con bagno e ai 65 euro per una doppia, una cinquantina di euro per una mezza pensione con bagno e una sessantina per una pensione completa, più pochi euro per la prima colazione: a via Sistina 45 euro per una singola e 70 per una doppia, entrambe col bagno. A San Pietro e Castel Sant'Angelo l'albergo religioso costa un po' di più, intorno ai 100 euro, ma lì anche gli alberghi costano molto di più.

Quale sarà il segreto di questa competitività cristiana? Ares ne stila un elenco. La forza lavoro degli alberghi religiosi è quasi sempre costituita da religiosi, che costano poco anche perché i redditi così generati non sono soggetti a Irpef né a contributi previdenziali. Gli utili relativi all'attività alberghiera, affidati spesso alla gestione dell'Amministrazione patrimonio della sede apostolica (Apsa), vengono inoltre diluiti con le spese e le entrate di gestione delle altre attività svolte negli edifici religiosi, con conseguenti forti abbattimenti degli imponibili Irpef, Ires e Irap: l'Apsa è un organo presieduto da un cardinale, ed è stata molto attiva recentemente nello sfratto di inquilini e nel successivo utilizzo a fini speculativi di molti immobili del centro di Roma.
 
Inoltre c'è la nota questione dell'Ici: in base all'ultima finanziaria gli edifici religiosi ne sono esentati «se svolgono non esclusivamente attività commerciali (…). Basta dunque quindi adibire un piccolo spazio ad attività di culto, catechesi o assistenza». Secondo l'Ares, per il comune di Roma e per i vari comuni del Lazio le mancate entrate Ici ammonterebbero almeno a 5 milioni di euro. Infine, per molte case di accoglienza non valgono gli adempimenti obbligatori degli alberghi laici (igiene, prevenzione, ecc.).
 
da: http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/17-Ottobre-2007/art37.html

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