Così sfuggì Eichmann, la verità dall’Argentina

Il fascicolo spostato dagli archivi giudiziari al Museo dell’Olocausto

Scoperto da una studentessa il passaporto con generalità false con cui il criminale nazista s’imbarcò per l’America Latina

NEW YORK- La notizia ha fatto immediatamente il giro del mondo. Dopo oltre mezzo secolo, nascosto fra milioni di documenti ingialliti dell’archivio giudiziario di Buenos Aires, è venuto alla luce il passaporto rilasciato dalla delegazione di Genova del Comitato Internazionale della Croce Rossa, che per quasi dieci anni ha permesso al criminale nazista Adolf Eichmann di sfuggire alla giustizia e di darsi un’identità falsa, imbarcandosi dall’Italia per l’Argentina. Ma con quali appoggi e con quali complicità? La scoperta del passaporto con generalità false usato da Eichmann – del quale già si sapeva ma che si presumeva distrutto – è dovuta alla perspicacia e al coraggio di una studentessa argentina, Maria Galvan dell’università San Martin.

LA SCOPERTA – La ragazza, durante una ricerca su un fascicolo di documenti ancora protetti dal segreto di Stato, si è trovata fra le mani il documento originale di viaggio rilasciato al criminale nazista sotto il falso nome di Ricardo Klement. La ricercatrice, una volta accertato che si trattava veramente di Eichmann, non ha avuto dubbi e ha informato del ritrovamento la magistratura chiedendo di “declassificare” il carteggio segreto. La pratica è finita così sul tavolo di un’altra donna molto determinata, la procuratrice Maria Servini de Cubria, che ha immediatamente concesso l’autorizzazione, ordinando per di più che il passaporto di Eichmann, con tutto il dossier delle procedure relative al rilascio, sia custodito non negli archivi argentini, ma nella sede del “Museo del Holocausto” di Buenos Aires. Una decisione che la dice lunga sul timore che, con il pretesto del segreto di Stato, qualche carta troppo scottante sparisca per sempre. Ma c’è forse di più.

RETE DI COMPLICITA’ – Il fascicolo spostato dagli archivi giudiziari argentini al Museo dell’Olocausto potrebbe anche gettare fasci di luce scomodi anche in Europa (e in particolare in Italia) sulla rete di complicità transatlantiche che, fra il 1949 e il 1951, permisero a Eichmann, a Mengele, a Barbie e ad altri criminali nazisti di imbarcarsi da Genova per l’America Latina. Il documento di apolide, per dichiarata perdita della cittadinanza dovuta all’occupazione nazista dell’Alto Adige, era stato rilasciato dalla delegazione di Genova del Comitato Internazionale della Croce Rossa diGinevra, era stato rilasciato, in mancanza di prove documentali dell’identità, sulla base di una dichiarazione di conferma firmata del padre francescano Edoardo Domoter, anche lui altoatesino, come il titolare del passaporto sosteneva di essere. Secondo il passaporto, che la Croce Rossa aveva rilasciato grazie alla testimonianza del religioso e ai buoni uffici del consolato argentino di Genova,che si era anche adoperato per far ottenere al beneficiario il permesso di transito in Italia, il beneficiario era un inesistente Ricardo Klement, nato a Bolzano e figlio di N.N. (così allora venivano definiti negli atti ufficiali i figli cosiddetti illegittimi) e quindi registrato con il cognome materno negli archivi di stato civile, peraltro saccheggiati o distrutti durante la guerra: il che evidentemente semplificava le cose. Il passaporto con generalità false era stato poi consegnato alla polizia argentina nel 1960 dalla moglie, Veronica Liebl, che subito dopo la cattura di suo marito aveva dovuto ammettere la verità: Klement era Eichmann.

PIANIFICO’ «LA SOLUZIONE FINALE» – Il sequestro era avvenuto con un’operazione fulminea del Mossad alle ore 20 dell’11 maggio 1960, mentre il criminale nazista scendeva da un pulmino collettivo davanti alla porta di casa, in calle Garibaldi nel sobborgo di San Fernando, a 45 minuti di macchina da Buenos Aires. Ormai, dopo un decennio di latitanza, l’uomo che aveva pianificato e diretto i campi di sterminio di Hitler pensava di poter abbassare la guardia. Era partito da Genova per l’Argentina con un visto rilasciato in Italia il 17 giugno 1950. Poi una volta sbarcato a Buenos Aires il 14 luglio, era ripartito alla volta della lontanissima Tucuman, vicino alle Ande, dove lo aspettava un oscuro lavoro in un’industria meccanica e alla fine, con il il passare degli anni, il vecchio criminale nazista si era convinto che il mondo si fosse dimenticato di lui. Si era trasferito con la famiglia nei dintorni di Buenos Aires, dove aveva trovato un lavoro di tecnico, nella filiale della Mercedes, e faceva metodicamente la spola fra l’officina e la casa ogni giorno a ore fisse, con il “colectivo”, il pulmino, come un impiegato qualsiasi. E’ stato allora che gli 007 del Mossad hanno fatto scattare la trappola. Nove giorni dopo la cattura, vestito grottescamente con una divisa da steward dell’equipaggio e narcotizzato, Eichmann veniva imbarcato sul volo ufficiale di una delegazione israeliana, verso il processo, che due anni più tardi, nel 1962, si sarebbe concluso con l’inesorabile condanna a morte. Adesso quel passaporto ritrovato per caso negli archivi argentini ripropone l’interrogativo: chi lo ha aiutato a fuggire e perché?

Renzo Cianfanelli
30 maggio 2007

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2007/05_Maggio/30/nazista_passaporto_cianfanelli.shtml

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