Parma, condannato il prete pedofilo

 
Dodici anni di carcere per abusi sessuali su minori avvenuti in Nicaragua e possesso di materiale pedopornografico

PARMA 23/5/2007
Don Marco Dessì, il padre missionario originario di Villamassagia (Cagliari) è stato condannato dal gup di Parma, Roberto Spanò, al termine del processo con rito abbreviato, a 12 anni di carcere per abusi sessuali su minori e possesso di materiale pedopornografico. Ieri il pm Lucia Russo, al termine di una requisitoria durata quasi due ore aveva chiesto 16 anni di pena.

L’accusa aveva ricordato tutte «le prove schiaccianti» che testimoniano come il prete 59enne, abbia abusato, un numero imprecisato di volte, nell’arco di circa vent’anni, degli orfanelli ospitati a Chinandega (Nicaragua), dove lo stesso don Dessì ha dato impulso a una grande missione umanitaria, Betania, che comprende scuole, ospedali, centri di addestramento professionale e ricoveri. A denunciare il religioso, finito in manette lo scorso 4 dicembre, erano stati il comune di Correggio e l’associazione Rock No War, che avevano ospitato giovani della comunità raccogliendo le loro drammatiche testimonianze sulle violenze subite da bambini.

Violenze sessuali cui non erano in grado di sottrarsi e che non capivano anche perchè compiute da una persona che consideravano il proprio padre. Oltre ai resoconti delle vittime, a incastrare don Dessì, sono stati 1.400 files multimediali di contenuto pedopornografico, fra filmati e fotografie, trovati nel computer che utilizzava nella missione. Ma sono state fondamentali anche le intercettazioni telefoniche effettuate dai carabinieri di Parma. In alcune chiamate con il suo braccio destro a Betania, Ludwig Vanegas, il religioso aveva chiesto di corrompere i testimoni, offrendo loro ingenti somme di denaro o minacciandoli, anche di morte.

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200705articoli/21940girata.asp 

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5 Responses to Parma, condannato il prete pedofilo

  1. vaticano says:

    grazie liquida per l’approfondimento

  2. Vaticano says:

    http://www.unionesarda.it/DettaglioSardegna/?contentId=8083

    Quattro anni in meno rispetto alla richiesta di condanna formulata dal pm per il missionario sardo. Durante l’udienza di ieri durata circa cinque ore, è stata ascoltata la testimonianza di una teste chiamata a deporre dalla difesa. Secondo la difesa (rappresentata dagli avvocati Pierluigi Concas e Romano Corsi) la donna avrebbe dovuto spiegare la presenza di 1.442 fotografie pedopornografiche trovate dai carabinieri sul pc dell’imputato il giorno dell’arresto, avvenuto a Villamassargia, nel Cagliaritano, il 4 dicembre 2006. Oggi la dura pena inflitta al sacerdote.

    Dodici anni di reclusione. Questa la condanna nei confronti di Don Marco Dessì, il missionario sardo in Nicaragua accusato di pedofilia La sentenza è stata emessa dal giudice per l’udienza preliminare di Parma verso le 14.30, dopo un’intera mattinata in Camera di Consiglio, al termine del oprocesso celebrato con il rito abbreviato. Don Marco Dessì, originario di Villamassargia, in provincia di Cagliari, è finito sotto processo perchè accusato di diversi abusi sui bambini della sua missione a Betania. L’accusa ieri aveva chiesto 16 anni.

    IL PROCESSO. Ieri è stata sentita la testimone Luana Bellotti, una volontaria di Cavezzo che ha lavorato a Betania, citata dalla difesa perché riferisse sul computer di don Marco nel quale sono state trovate le foto porno. Ma è con la requisitoria del Pm che il processo è entrato nel vivo. La dottoressa Lucia Russo ha rievocato, in un intervento durato oltre un’ora e mezza, il tormentato rapporto fra il missionario e gli ex orfani di Chinandega. Con i bambini (oggi giovani fra i 25 e i 28 anni) diventati spietati accusatori di colui che consideravano il loro padre. L’unico mai avuto. La rappresentante della pubblica accusa ha giudicato le loro dichiarazioni assolutamente attendibili. E ha sottolineato che erano state rese nel corso di un incidente probatorio, svoltosi a fine dicembre 2006, in un clima dai risvolti drammatici. Perché è stato doloroso per i ragazzi rievocare certi ricordi che speravano di aver rimosso per sempre dalla memoria. Così Juan Carlos, una delle vittime, ha raccontato fra i singhiozzi le violenze subite da parte del sacerdote. Che, nei momenti più terribili, soleva presentarsi ai bambini coperto solo da un accappatoio. Un particolare rivelato da Oscar, ma confermato anche da Juan Carlos e Ricardo, ha detto il Pubblico ministero. Una concordanza di ricordi che conferma la loro credibilità. Anche quando riferiscono l’atteggiamento che il prete teneva quando non volevano sottostare ai suoi desideri. «Voi siete niente – urlava arrabbiatissimo – io vi ho creato». Si mette in dubbio l’attendibilità delle vittime di don Marco – ha aggiunto il Pm – ma non si tiene conto che, per venire in Italia a testimoniare, Juan Carlos, Oscar e Ricardo stanno pagando un prezzo altissimo. Hanno perso il lavoro e non sanno se e quando potranno rientrare in Nicaragua. Anche perché hanno subìto gravissime minacce. A questo punto, Lucia Russo ha passato in rassegna le intercettazioni telefoniche effettuate dai carabinieri di Parma quando don Marco, rientrato in Italia per intimazione del Vaticano, ancora non sapeva di essere sotto inchiesta da parte della magistratura. Così, parlando col fido collaboratore di Betania Ludwig Vanegas, lo invitava a corrompere i testimoni offrendo loro anche trentamila dollari, purché ritrattassero. E, contando su potenti appoggi presso il governo del Nicaragua, dava allo stesso Vanegas istruzioni perché facesse arrestare dalla polizia, con false accuse, Marlon, il suo ex braccio destro nella missione di Chinandega, diventato oggi il principale accusatore. Il pubblico ministero si è soffermato sulle intercettazioni per illustrare la personalità di un don Marco disposto a tutto pur di salvarsi. E di salvare l’ingente patrimonio in immobili accumulato in Nicaragua grazie alle offerte raccolte da volontari che credevano ciecamente in lui, come quelli di Solidando, Rock no war e tanti altri.

    I COLLABORATORI. Non si poneva limiti il missionario quando parlava al telefono con i collaboratori. Sino a sollecitare una punizione mortale per i suoi accusatori. Sempre a Vanegas, infatti, chiedeva vendetta per la sua famiglia, ottenendo l’inquietante risposta «dovranno pur tornare in Nicaragua, stai tranquillo che non avranno vita lunga» molto eloquente sulla sorte che volevano riservare ai testimoni. Vanegas – ha sottolineato il Pm – pensava proprio a tutto. Persino a predisporre moduli per dichiarazioni di solidarietà a don Marco che alcuni ex ospiti dell’Hogar del Niño erano poi chiamati a sottoscrivere. Non ha infierito sull’imputato con definizioni enfatiche la dottoressa Russo. Si è limitata a esporre fatti e sequenze che, a suo avviso, fanno emergere la vera personalità del sacerdote, il suo comportamento e rendono credibili le affermazioni dei testi. Non ha dimenticato nulla il Pm nel dipingere il ritratto di don Marco. Comprese le 1400 fotografie di contenuto pedopornografico scovate dai carabinieri nel suo personal computer. Tutte immagini di bambini. Solo di sesso maschile. A conclusione della requisitoria, la richiesta di condanna a 16 anni di reclusione per violenza sessuale e possesso di materiale pedopornografico. In pratica, la rappresentante della pubblica accusa è partita da una pena di 24 anni, diminuita dallo sconto di un terzo previsto per chi accetta il rito abbreviato.

    23/05/2007 15:17

  3. Vaticano says:

    Luis, potresti inserire il link al testo delle intercettazioni in cui dici che non cerca di corrompere i testimoni? Tutti i giornali e le agenzie di stampa riportano questo particolare.

    Non e’ cosi’ semplice inserire miglaia di immagini pedopornografiche su un computer cosi’ come non si viene condannati facilmente per abusi sessuali su 20 minorenni (di 6 sembra ci siano addirittura le foto)

  4. Luis Vargas says:

    El di’alo que inteceptaron entre el Padre y Vanegas lo publicaron y en ningun momento decia que corrompieran el testimonio. Todas las pruebas a su favor se pueden comprobar. Las pruebas del acusador se basan en lo que dicen los acusadores y el material pornografico que encontraron en la computadora del padre. Sabemos que cualquiera puede infectar de pornografia la computadora de otra persona. Esas son las pruebas que sirvieron para condenarlo. La justicia de Parma tiene que pagar todo este da~no.

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