ROMA
— È come se avessero preso coraggio all'improvviso, trovando la forza
di rivelare segreti fino ad allora apparsi inconfessabili. Sono una
cinquantina le persone che durante l'estate hanno presentato formale
denuncia contro don Pierino Gelmini. Si sono unite al coro di chi lo
accusa di averli molestati, insidiati, a volte violentati. La maggior parte si è presentata spontaneamente davanti
al pubblico ministero di Terni. Ha ripercorso episodi di tanti anni fa
che, hanno detto in molti, «mi hanno cambiato la vita». Due di loro
hanno raccontato di aver subito abusi dal fondatore della comunità
«Incontro» — che assiste i tossicodipendenti in programmi di recupero —
quando erano minorenni. Non c'è ancora una nuova contestazione formale,
ma se queste dichiarazioni trovassero conferma, la posizione del prete
già indagato per violenza sessuale, potrebbe aggravarsi. Perché si
tratterebbe di episodi di pedofilia e dunque un reato diverso da quello
finora ipotizzato nei suoi confronti.
LE INDAGINI
— I magistrati procedono con cautela, sanno bene che in casi del genere
ci può essere una sorta di suggestione, talvolta anche un desiderio di
rivalsa. Ma sanno anche che i collaboratori più stretti di don Gelmini
si sono attivati per convincere alcuni giovani a ritrattare. In almeno
due casi avrebbero cercato di incontrare chi aveva presentato la
denuncia, avrebbero offerto soldi e favori per tentare di mettere tutto
a tacere. E questo ha naturalmente contribuito a confermare il quadro
accusatorio già delineato dai pubblici ministeri. Al fascicolo gli
investigatori della squadra mobile di Terni hanno allegato decine e
decine di intercettazioni telefoniche che mostrerebbero questa volontà
di alcuni operatori della comunità di favorire don Gelmini. La voce del
prete si sente raramente nei colloqui. Ad ascoltare le registrazioni
sembra che ad occuparsi della vicenda siano i responsabili della sua
segreteria. Sono loro a tenere i contatti con chi accusa, a tentare di
far cambiare idea a chi ha fatto riaffiorare i ricordi. I magistrati
hanno già verificato una trasferta a Torino di uno di loro che sarebbe
stata organizzata per incontrare in carcere due giovani detenuti che
erano stati tra i primi a presentare denuncia. Ora si va avanti. Il
primo accertamento da svolgere per verificare i nuovi verbali riempiti
nelle ultime settimane riguarda il periodo di permanenza di ogni
giovane all'interno della comunità. Poi bisogna verificare che tipo di
legami avessero con il fondatore, se ci siano stati problemi, quali
siano stati i rapporti successivi. Sembra che in alcuni casi gli
episodi raccontati siano molto circostanziati, che alcuni abbiano anche
indicato testimoni in grado di confermare le proprie dichiarazioni.
Soltanto al termine dei nuovi controlli, il magistrato deciderà
eventuali provvedimenti. A metà agosto era circolata voce che potesse
essere richiesta al giudice per le indagini preliminari una misura
interdettiva per impedire un eventuale inquinamento delle prove. In
realtà erano in corso altri riscontri e proprio in questi giorni si
starebbe rivalutando la possibilità di sollecitare un pronunciamento
del gip.
LA DIFESA
— Inizialmente erano sei le persone che avevano raccontato le violenze.
Uno ha narrato fatti risalenti al 1993, ha detto di essersi anche
confidato con don Mazzi quando si è trasferito nella sua comunità. Il
sacerdote ha confermato di aver ricevuto quelle confidenze, di aver
consigliato al giovane di rivolgersi ad uno psicologo, di aver
continuato ad aiutarlo prima di perdere le sue tracce. «Mi accusano —
si era difeso don Gelmini — perché li ho allontanati dalla comunità.
Alcuni di loro erano stati scoperti a compiere reati e sono stati
cacciati. È la loro vendetta. Sono innocente e dunque resto
assolutamente tranquillo. Porto la croce e prego per loro». Aveva anche
attaccato la lobby ebraica e la massoneria come ispiratrici «di questa
campagna diffamatoria contro di me» e ciò aveva spinto il suo avvocato
Franco Coppi ad abbandonare la difesa. Ma poi la lista si è allungata,
altri tre ragazzi sono usciti allo scoperto dopo aver saputo che era
stata avviata un'inchiesta. E con il trascorrere delle settimane le
denunce sono diventate decine. Adesso è possibile che don Gelmini
decida di farsi nuovamente interrogare per continuare a respingere
quelle che ha sempre definito «fantasie».
Fiorenza Sarzanini – Corriere
Un male che deve essere debellato. Quante famiglie sono a rischio di essere loro i carnefici dei propri figli credendo di offrire loro il massimo ‘ con enormi sacrifici economici e non ‘? La presenza dell’Opus Dei a chieti e francavilla VA DEBELLATA AL PIÙ PRESTO. Migliaia di ragazzi e ragazze sono a rischio come i miei figli. Grazie a mia figlia che èsempre aggiornata abbiamo scongiurato il pericolo.
Voglio vederci chiaro…aveva detto il cardinale Tarcisio Bertone, più chiaro di così non sarà che si dovrà attendere 10 anni come don Lelio Cantini o 20 anni come padre Marcel dei Legionari di Cristo perchè si pronunci la Chiesa su un delitto contro la persona come gli abusi sessuali su seminaristi-chierichetti o ragazzi in cura?