parte delle testimonianze contro Christian Federico Von Wernich, il
cappellano cattolico della polizia di Buenos Aires durante la dittatura
militare in Argentina (1976-1983). Il 9 ottobre 2007 è stato condannato
all’ergastolo per crimini commessi nel genocidio argentino in cui
morirono circa 30.000 persone. In particolare, il sacerdote cattolico è
stato ritenuto colpevole di aver partecipato a 7 omicidi, 42 privazioni
illegali della libertà e 31 casi di tortura.
che i denuncianti hanno creato per l’occasione. Si tratta di materiale
disponibile per la prima volta in lingua italiana. La foto di Carlos
Lopez Cepero e i testi tradotti dallo staff di Chiesa Cattiva possono essere diffusi citando le fonti.
Cristina Bustamante testimoniò il 23 agosto 2007. Raccontò che prima di
liberarla la portarono da don Von Wernich, che la ricevette in una sala
di fronte alla stanza delle torture. Il sacerdote le disse:
vai,
dimentica quello che è successo qui e non parlare con nessuno. La
strada del Signore è difficile da capire, aiutati con umiltà e carità.
La Bustamante precisò di essere certa che fosse Von Wernich perché dopo essere stata liberata vide delle foto.
Nello
stesso giorno altri testimoni come Analía Maffeo, José María Llantada,
Eduardo Kirilovsky, Jorge Orlando Gilbert e Liliana Mabel Zambano
riconobbero Von Wernich come il sacerdote complice dei crimini commessi
dal regime militare.
Luis Velasco Blake testimoniò il 25 agosto 2007 riferendo che don Von Wernich lo ossessionava con il tema della tortura:
mi tocco i peli del petto, che erano bruciati e disse che erano bruciati per via della tortura.
Blake disse che il cappellano sosteneva che
non dovete odiare quando siete torturati
al che il prigioniero rispose
vorrei vedere lei con cinque persone addosso che la stanno torturando.
Von Wernich disse anche:
devi pagare per quello che hai fatto alla patria
e
la vita degli uomini la decide Dio e la tua collaborazione.
Al termine della testimonianza Velasco si rivolse ai giudici dicendo:
chiedete al cappellano dove sono Gustavo Pérez Monsalve, Marcelino Pérez Roig e la piccola Ana Libertad.
Lo stesso giorno testimoniò Adriana Archenti, che raccontò:
il cappellano era un’abituè del luogo, tutte le guardie avevano rispetto e paura.
E ancora:
lo
ascoltai parlare che un linguaggio ecclesiastico e messianico. Parlava
di possibilità di salvezza, di possibilità di collaborazione per
ottenere salvezza. Un discorso religioso assolutamente cinico.
Osvaldo Lovazzano testimoniò il 30 agosto 2007, riferendo che:
Von Wernich era il tramite tra la polizia e le famiglie.
Lo stesso giorno testimoniò Zacaria Angel Moutoukias, che spiegò:
eravamo
di fronte ad una organizzazione perfettamente strutturata. Ogni membro
aveva la sua funzione: uno torturava, uno interrogava, uno dava
l’impressione di essere un superiore. Non erano singoli che agivano per
proprio conto, era un’organizzazione.
Dopo la sua liberazione un vecchio professore dell’Università gli disse:
l’entourage di monsignor Plaza è preoccupato per la presenza di un sacerdote durante le torture.
Il sacerdote era Von Wernich, il sacerdote faceva parte dell’organizzazione.
Alberto
Canziani testimoniò il 6 settembre 2007. Durante la prigionia conversò
con don Christian Von Wernich. Il sacerdote gli disse che provava
dolori per via della pistola elettrica usata durante le torture e lo
interrogò in merito alle sue appartenenze politiche.
Lo stesso
giorno testimoniò anche Eugenio Lugones che si rivolse a Von Wernich
dopo la sparizione di suo fratello César, della sua compagna María
Marta Vázquez e di Mónica Mignone nella città di Bajo Flores. Lugones
chiamò la curia perché sapeva che Susana Von Wernich, sorella del
cappellano, era sposata con il colonnello Morelli. Von Wernich informò
Lugones che suo fratello era vivo.
Altri testimoni raccontarono che il cappellano visitò le loro case dopo la sparizione dei propri cari.
ha altri figli signora? Allora si prenda cura di quelli.
Padre Rubien Capitanio rese la sua testimonianza il 10 settembre 2007:
L’ultima
volta che incontrai Von Wernich fu quando era cappellano speciale della
bonerense (la polizia di Buenos Aires), ordinato da mons Antonio Plaza.
Il ero parroco nella cittadina di San Carlos de Berisso e fu un
incontro casuale, però mi dimostro di avere potere e, nello stesso
tempo, che quel potere stava concentrato nella forza di chi può
decidere la vita e la morte. Dico questo in un tribunale perché mi fu
molto evidente: in quella struttura aveva molto potere e lo esercitava.
Il
13 settembre il PM Carlos Dulau Dumm chiese l’arresto per falsa
testimonianza del sacerdote Pedro Traveset. Il parroco, chiamato in
causa da Hector Daniel Rossi disse di non aver parlato con Von Wernich
dei desaparesidos prima del 1992. Ma dopo essere caduto in
contraddizione, confessò.
mi
incatenarono nel sedile di un piccolo aereo, sorvolammo il Río de La
Plata, il Paraná de las Palmas, il Paraná Mini, la Isla Martín García,
parte della costa uruguaya, ma poi per radio ricevettero un ordine e mi
riportarono alla base aerea di Morón, El Palomar.
del premio Nobel fu soprattutto un testimonianza-accusa nei confronti
del silenzio e della complicità della Chiesa cattolica. Non solo il
cappellano Von Wernich confessava e assolveva i militari impegnati in
sequestri, torture e omicidi, ma confessava in prima persona i
prigionieri per estorcere segreti. Ma Perez Esquivel raccontò anche
della visita nel centro di detenzione da parte del nunzio apostolico
Pio Laghi, grande amico del generale Massera (giocavano a tennis
insieme). Laghi disse:
Stanotte, in questa stanza, c´erano
i tre comandanti della giunta militare. Li ho interrogati sui diritti
umani e sui desaparecidos. Cosa devo fare di più? Non posso fare ciò
che i vescovi argentini non vogliono fare.
Pio Laghi è oggi
un importante cardinale ed ha ereditato la struttura di madre Teresa di
Calcutta. Infine, Adolfo Pérez Esquivel raccontò dell’incontro con
Giovanni Paolo II. Il Papa era imbarazzato, la Chiesa argentina non gli
aveva consegnato l’elenco degli 84 bambini nati nelle prigioni e
scomparsi che Perez Esquivel aveva preparato. Ma alla fine Woitila
disse:
si occupi anche dei bambini dei paesi comunisti.
Del disinteresse manifestato Giovanni Paolo II parlarono nei giorni
precedenti anche altre testimoni che si erano rivolte al santo padre
per ottenere il suo intervento.
Elena
Taybo de Pettinà è la madre di uno dei tre giovani scomparsi da La
Plata nel giugno 1977. Testimoniò il 19 settembre 2007 parlando degli
incontri con don Von Wernich:
Io testimonio delle volte
che mi sono incontrata con lui e dello scambio di lettere intercorso.
Una volta mi disse di non insistere, perché mi sarebbe successo
qualcosa di brutto.
Lo stesso giorno testimoniò Julio
Petinà, che intrattenne una conversazione con Von Wernich in merito
alla scomparsa del fratello Rodolfo. Julio Petinà disse che ottenne
rassicurazione dal cappellano sul fatto che suo fratello fosse vivo, ma
che, se avrebbe voluto rivederlo, non avrebbe dovuto sporgere denuncia
alle associazioni per il rispetto dei diritti umani.
Nicolasa
Zarata è stata l’ultima testimone sentita dai giudici, il 25 settembre
2007. E la madre di Nilda Susana, sequestrata nella città de La Plata
nel novembre 1976. A Susana era permesso comunicare con la propria
famiglia e, a partire dal gennaio 1977, sua madre iniziò a renderle
visita nel centro di detenzione. Conseguantemente, Nicolasa Zarata ebbe
la possibilità di conoscere i gruppo di detenuti che erano tenuti
prigionieri insieme a sua figlia. Nel centro c’era anche la piccola
Maria Mercedes Galarza, nata durante la prigionia della madre che
"ufficialmente" ebbe "problemi" durante il parto. Nicolasa Zarata vide
sua figlia con evidenti segni di tortura e con gli stessi vestiti che
indossava quando era stata catturata mesi prima. Ai giovani sequestrati
era stata promessa la possibilità di lasciare il paese, ma i mesi
passarono senza nessuna novità. Le ultime notizie delle figlia
risalgono al novembre 1977, quando don Christian Von Wernich cercò di
convincere le famiglie dei prigionieri al silenzio. Come prova delle
sue parole ha fornito ai giudici le lettere che si scambivano le
famiglie dei detenuti.
La prima parte delle testimonianze è qui sul sito di chiesacattiva. Una copia e’ disponibile anche qui