Continua il racconto su don Pierino. Bruno ricorda le storie che ha raccolto dai ragazzi che raccontano di aver subito abusi. E di quella volta che Gelmini gli passò l'avvocato.
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Abbiamo lasciato Bruno Zanin in una celletta di un convento a raccogliere le confidenze di un giovane tossicodipendente in crisi d’astinenza, scappato dalla comunità di don Gelmini. “Conosco un prete a cui non importa niente di quello che pensano gli altri, mi disse quel ragazzo, e mi ha talmente tormentato sessualmente da costringermi a scappare dalla comunità – racconta Zanin –. Un prete? dissi io. Ma non potevi dargli due schiaffi? E lui mi rispose che era un prete importante e molto conosciuto perché aiutava i tossicodipendenti e si chiamava don Gelmini. Non potevo crederci. Il ragazzo mi raccontò di questo prete ed era evidente che non aveva perso le sue vecchie abitudini.
Lo dissi a Carlo Carretto e scoprii che anche lui lo aveva conosciuto perché aveva infastidito due ragazzini dell’azione cattolica di cui era stato presidente . Ma Carretto era stato isolato dalla Chiesa per le sue posizioni e mi disse che l’unica possibilità era che lo denunciassero i ragazzi vittime dei suoi abusi”. Da allora, Bruno non ha mai smesso di raccontare quello che sapeva di don Gelmini a chiunque gli chiedesse di lui.
“Dicevo a tutti di non mandare i figli ad Amelia perché rischiavano di finire nell’harem di don Pierino – ricorda lo scrittore -. Anni dopo partii per la Bosnia come operatore umanitario da dove mandavo dei servizi giornalistici. Tra chi comprava le mie corrispondenze c’erano il Corriere della Sera, Famiglia Cristiana e anche Radio Vaticana, con cui cominciai una collaborazione di tre anni”.
La storia potrebbe finire qui, se Zanin, in Bosnia, non avesse incontrato un altro ragazzo, un volontario.
“Una sera parlammo molto e mi raccontò che aveva avuto problemi di droga ed era stato in diverse comunità di recupero – prosegue Bruno – e gli chiesi se fosse stato anche da Gelmini a Mulino Silla. Mi rispose: Perché, lo conosci? Mi disse che avrebbe voluto denunciarlo perché lo aveva trascinato dentro una storia di libidine di cui si vergognava molto. Il punto era che lui non riusciva a liberarsi dalla droga e il ‘rapporto’ con don Gelmini gli garantiva la libertà di continuare a farsi. Era l’ennesima conferma che i vizi di quell’uomo continuavano”.
Zanin provò più volte a raccontare queste vicende ai colleghi di Radio Vaticana. “Un giorno lo dissi al direttore padre Federico Lombardi, ora responsabile della Sala Stampa della Santa Sede, uno vicino al Papa che finge di non sapere niente di questi preti depravati ; gli parlai del salesiano che aveva abusato di me e di don Gelmini, ma mi rise in faccia. C’era anche un giovane prelato, Mons. Giovanni d’Ercole, che lavorava per Tele Pace. Dissi di don Gelmini anche a lui che, naturalmente, non mi credette. Adesso lui è direttore della televisione di don Gelmini”.
Al ritorno dalla Bosnia, Bruno scelse di andare a vivere a Castel di Tora, un paesino di montagna, piccolo e tranquillo. “Appena arrivai, l’impiegato del comune mi disse che non ero l’unico polentone ad aver preso residenza lì. Gli chiesi chi fosse l’altro – ricorda Zanin – e mi rispose ‘Siete tu e don Gelmini che ha preso un castello in comodato d’uso per farci una comunità’. Ancora lui. Raccontai al tizio chi fosse don Pierino e lui mi disse che qualcosa sapeva, ma che ora sembrava cambiato”. Insomma, per Bruno sembrava impossibile girare del tutto pagina.
“Entrai in contatto con il responsabile del nuovo centro – continua – e mi confidò che anche lui era un ex del prelato che, in cambio, aveva aiutato economicamente sia lui che suo fratello. Un giorno cominciai a telefonare in comunità spacciandomi per un parente del ragazzo. Ad un certo punto capii che don Pierino voleva comprare il mio silenzio perché mi passò l’ufficio legale. Mi dissero di non distruggere il lavoro di Gelmini perché era un’opera umanitaria e che se qualche debolezza umana aveva anche lui, beh, bisognava capirlo. Mi proposero un incontro dal quale, a loro dire, sarei uscito molto soddisfatto”. Zanin, che stava già scrivendo il suo libro, non va all’incontro, ma gli fa uno scherzo tremendo.
“Chiamai l’Ansa spacciandomi per Aldo Curiotto il portavoce del prete raccontando che era stato fermato all’aeroporto di Fiumicino in partenza per la Tailandia e che gli avevano trovato nella valigia materiale pedopornografico. Quelli dell’Ansa ci credettero perché qualcuno evidentemente aveva saputo di queste chiacchiere che giravano sul suo conto. . Finì su tutti i giornali e telegiornali, fece molto scalpore . Gelmini fu costretto a smentire la cosa. Pensai che gli sarebbe servito da lezione. Mi sbagliavo”.
Gli anni sono passati e adesso don Gelmini è al centro di un’inchiesta giudiziaria in cui ad accusarlo sono più di cinquanta ragazzi. Bruno ha deposto davanti agli investigatori di Terni. “Credo che questa volta il processo ci sarà davvero. Ho raccontato le cose più importanti che so, facendo anche i nomi dei ragazzi che mi hanno confidato le loro storie. Ho molta fiducia in questi inquirenti, sono seri e determinati. Perfino i politici che lo difendevano lo hanno mollato. Ha voluto troppo dalla vita, cercando anche il dominio sessuale sulle persone di cui pensava di potere comprare l’anima. Credo che adesso siamo alla resa dei conti – conclude Zanin – . Io non ho nulla contro i preti sia ben chiaro, a loro va tutto il mio rispetto se fanno i preti , ma se lo fanno per far carriera e poter approfittare dei più deboli, per metterglielo nel sedere, allora no. Pier Paolo Pasolini che pure era omosessuale e ha vissuto sulla sua pelle un cristianesimo sofferto in contrasto con le pulsioni della carne, ha pagato con la vita quella contraddizione. Don Gelmini invece si definisce martire, perseguitato, messo in croce, bestemmia: è un ipocrita, vive una doppia morale. In pubblico appare il santo paladino contro la droga, in privato è ben altro. Pasolini passerà alla storia perché era un grande, di Gelmini fra 10 anni nessuno più ne parlerà se non per disprezzarlo. Non temo querele, non temo critiche, la verità va detta. Quella che so io è questa. Quando gli atti saranno pubblici ne sentirete delle belle sul conto di questo prete falso e su chi l’ha sempre protetto ben sapendo chi fosse e cosa facesse”. Bruno si dichiara ‘dubitante’, non credente, ancora in piena ricerca spirituale. E come criticarlo?
di Caterina Coppola Venerdì 14 Settembre 2007 – Gay.it
grazie mille per la testimonianza, non esitare a riportare altri articoli in tema.
tratto da Bispensiero
Fiorenza. un caso di omertà. PDF Stampa E-mail
Scritto da Marco Salvia
martedì 02 ottobre 2007
mara.jpgCome popolo, come cittadini, ci siamo sempre domandati, quando accadeva qualcosa di plateale nell’ambito dei reati sessuali, come fosse possibile che nessuno ne avesse mai parlato prima, che nessuno avesse denunciato. Siamo un paese in cui solo uno stupro su cinque viene effettivamente segnalato e un abuso su minori corre sempre il rischio di rimanere impunito.
La telefonata di Fiorenza, nome di comodo che al momento mi sento ancora vincolato ad adoperare, mi giunse inaspettata circa venti giorni fa, quando ormai la storia di Don Gelmini, il prete accusato di pedofilia ed abusi sessuali, era per me quasi gettata alle spalle.
Troppa politica bigotta, troppe falsità, la difesa di una destra che si arrampicava sugli specchi, adducendo motivazioni spesso vergognose. Ne avevo abbastanza, avevo anche dato la mia deposizione di cittadino agli inquirenti e amen, in più, anni prima, come scrittore, avevo anche realizzato un romanzo in cui raccontavo esattamente come accadevano certe cose, le dinamiche, i fatti nudi e crudi, perfino indicando dove.
Il mio compito civile era più che finito. Credevo. Se volevano tenerselo, contenti loro, gli affidassero pure i loro figli, io li avevo avvertiti.
Come spesso accade però, la nostra volontà, le nostre intenzioni, non coincidono con quelle di chi davvero governa questo universo di cause ed effetti, dunque la telefonata di questa madre impaurita mi scosse energicamente e per un attimo ebbi di nuovo la speranza che attraverso Fiorenza, (giovane donna che solo pochi giorni prima aveva perfino rilasciato violente dichiarazioni a favore del prete indagato e che aveva sposato completamente le posizioni della destra più becera), si potesse davvero “illuminare”, anche quella parte di società che ancora “non crede e non può credere” ai fatti narrati ormai sempre uguali da molti testimoni. [continua a leggere]
Per lo stesso motivo in fondo, per informare i più “disinformati,” avevo anche rilasciato interviste a giornali iper-popolari che non ho mai letto nemmeno al cesso. Ma io comunque non ero uno di loro , Fiorenza sì e la cosa cambiava tutto. Fiorenza si era fidata ed era stata tradita nel modo più infame.
Fiorenza era davvero un segnale quasi soprannaturale. Le cose che mi raccontò convulsamente quel giorno dicendo di essere rimasta spaventata dal mio libro, hanno un che di tragico certo, ma lasciano un gusto amaro in bocca specie per la scelta del silenzio che ne seguirà.
Fiorenza mi raccontò appunto che pur essendo lei stata una convinta Gelminiana fino ad arrivare ad insultare i media per le loro persecuzioni del “santo”, un brutto giorno la realtà le se era trasformata sotto gli occhi. Perché, dovevo sapere, continuò, lei aveva un figlio molto molto giovane in quella comunità, un figlio con problemi di spinelli, vita sbandata, niente quindi che la comunità possa correggere definitivamente, benché la vita paramilitare che ci si trascorre può dare questa impressione alle mamme e ai papà stile Fiorenza, e lei ne era stata contenta. Il figlio sembrava davvero “cambiato”.
e sembrava “diverso” da quando era entrato li, solo che ora era angosciata perché nella franchezza dei suoi giovani anni, il figlio, un giorno l’aveva prima soltanto avvertita “guarda mamma che il don non è uno stinco di santo” e poi in seguito, alle visita mensile della grande festa comunitaria di Zervò, in una occasione tra l’ altro piena di giornalisti, il ragazzo di fronte alle nuove rimostranze della madre aveva ammesso che le cose di cui parlavano i giornali erano vere: VERE.
“Perché mamma? Perché mi chiedi se penso che siano vere?” aveva poi rincarato il ragazzo, “sono vere perché sono accadute a me!” e poi si era rifiutato di aggiungere altro, neanche una sillaba e c’è da capirlo.
Qui comincia allora il delirio di Fiorenza che si avvia a telefonare a tutto il mondo conosciuto e sconosciuto per consiglio.
Tutte persone mi rendo adesso conto, tranne forse il sottoscritto, che la pensavano come lei prima dell’”incontro” con la verità e che le “consigliano”ovviamente sempre e soltanto di tacere. Certo per il bene di tutti, specie del figlio, pur se lui mai è stato consultato al riguardo.
La cosa gravissima è che gli ultimi abusi cui si riferisce Fiorenza e che riguardano suo figlio, coprono proprio il periodo antecedente la recente festa a Zervò , quindi con il prete già indagato da parecchi mesi! Un calcio in faccia ad ogni legge, non solo quella dello Stato.
Ma nonostante ciò, i fatti non la convinceranno, incredibilmente né a far uscire subito il ragazzo dalla comunità, come la supplicai di fare né a denunciare la cosa, adducendo deve dire le giustificazioni da mamma preoccupata meno credibili che io abbia mai inteso.
Fiorenza mi regalerà poi stralci di conversazione paradossali ed email in cui afferma cose come “in fondo penso che si sia trattato di un episodio lieve” e “che li tutti gli vogliono bene”. Lasciandomi di sasso e facendomi echeggiare nella testa i deliri di un certo Messori. “Tanto Marco” mi dirà infine, “una testimonianza in più una in meno cosa vuoi che cambi?”
Fin qui i fatti. Ma adesso ho ancora qualcosa da dirti, cara Fiorenza e voglio dirtelo in pubblico perché tu possa ascoltare anche campane meno “di parte” del sottoscritto.
Tu dici che per gli altri non cambia nulla ma anche stendendo un velo pietoso sulla strafottenza totale che dimostri per le sorti di tanti altri poveri ragazzi, questa tua vicenda non solo è importante ma fondamentale per l’indagine, perché significa che mentre era sotto indagine Gelmini continuava a fare le cose di sempre, il che forse ci fa capire meglio quel gesto dell’ombrello da lui rivolto a tutto il mondo civile. E questo sono cose che il PM deve sapere!
E poi non capisco, non vuoi giustizia per tuo figlio?
Ma si, ora parlo proprio direttamente con la tua coscienza di madre, cara Fiorenza! Tu così non stai proteggendo nessuno nè te stessa, nè tuo figlio, nè certamente i tanti altri ragazzi che si trovano in condizioni di sottomissione psicologica e fisica .
Stai facendo un danno enorme a tutti ed un giorno stai certa lo comprenderai. La comunità non serve a un ragazzo che ha problemi di fumo e rave party, se oggi ha imparato a rifarsi il letto e si è fatto la cresima questo è conseguenza di una violenza psicologica, di un plagio, segnali di una necessità di soppravivenza, non di cambiamento. Ma quando lo capirete voi genitori idioti che queste comunità che non sono servite ai tossici, mano che mai possono servire a ragazzini che si fanno le canne ?
Tornato a casa tuo figlio, se lo hai educato a non farselo il letto, non se lo farà di certo, perché in comunità lo costringevano a farlol E spero tu capisca che uso il paradosso del letto per evitare di parlare nel dettaglio di altre cose.
La comunità non è servita ai tossici veri, come può servire a tuo figlio? quanto vuoi farcelo stare? vuoi trasformarlo in un comunità dipendente ora che non dipende ancora da niente? Mentre nel tempo che passa li metti in pericolo la sua intera esistenza? Che ne sai tu di quello che accade li dentro? tu non ci sei li con LUI !
Sappi che nessuno in Italia, nessuno psichiatra privato sa niente sulle dipendenze tranne rarissimi casi perché se ne sono sbattuti per anni essendo solo una rottura di scatole per loro.
La tua rivoluzione obbligata da sostenitrice di comunità a madre di un figlio abusato, invece, avrebbe forse davvero convinto una parte di questo paese a tirare le somme e a procedere verso una direzione di politiche e sociali in cui un ragazzo sbandato e che si fa due canne non passi dallo sbandamento all’abuso, perché l’abuso dura un attimo ma si paga per tutta una vita, specialmente se non si ottiene giustizia.
Un periodo di sbandamento invece in due anni può essere solo un ricordo.
Tu dici che intuisci esser stato “un fatto leggero”, dunque primo non lo sai, dato che è l’ultima cosa che un ragazzo racconterebbe in dettaglio ad una madre, e poi come fai a ritenere leggero un qualsivoglia approccio di quel tipo approccio tra un vecchio satiro ottantenne e un ragazzo psicologicamente sottomesso? Sappi anche che dalle denunce non appaiono mai tali “approcci leggeri”, anzi.
Qui c’è qualcosa che non va e il motivo del tuo silenzio è dubbio, visti poi i consiglieri di cui mi hai parlato, questo è purtroppo un silenzio amorale pagato sulla pelle di una ragazzino.
I ragazzi “muoiono” di questo tipo di” proiezione materna”, ricordalo, di fronte a certi fatti i genitori che non sono in grado emotivamente di gestire una cosa del genere fanno solo danni.
Poi, non c’è alcun motivo di protezione personale per non denunciare il fatto, non devi andare sui giornali deve andare solo fino a Terni e nessuno verrà mai a sapere il tuo nome nè quello di tuo figlio, come nessuno conosce a tutt’oggi i nomi degli accusatori che non hanno voluto comparire.
La procura protegge i casi come il tuo.
Cara Fiorenza, io non voglio sembrare insensibile al tuo travaglio di madre, ho mantenuto la richiesta che mi hai fatto di non fare il tuo nome, ma ti prego e ti invito a prendere anche tu sulle spalle la responsabilità di quello che è accaduto.
La strafottenza, il pensare solo a se stessi “tanto ci pensano gli altri, uno in più uno in meno” è un modo meschino di affrontare un fatto tanto grave e più di ogni altra cosa imprigionerà tuo figlio in un “segreto” che gli peserà tremendamente sull’anima fino a che non se ne libererà.
Se vuoi aiutarlo portalo a Terni e fallo parlare! Liberare! Fallo e incoraggialo a farlo, per il suo bene, bene che stai travisando in modo così plateale.
Qualsiasi abusato ti direbbe le stesse cose. Qualsiasi persona di coscienza ti direbbe le stesse cose. Chi non ti dice così è solo perché ha interesse che “certe cose” non si sappiano, ma tu sei chiamata a fare la cosa giusta e in fondo nel tuo animo credo tu sappia qual è. Ma spero che ne riparleremo.
Ma il caso di Fiorenza purtroppo non è un caso limite , ma la prassi, ed è esattamente così con la primaria complicità delle famiglie che il don e tanti altri hanno avuto anni e anni di omertà, quando è capitato che sono stati scoperti, il che non è affatto sempre avvenuto.
Questo poi è un caso emblematico ed è il motivo centrale per cui in questo paese gli affari come quelli della comunità Incontro, così come gli abusi commessi in ambiti parrocchiali o in seminario possono continuare ancora ad accadere.
Nonostante le accuse, nonostante le verità, nonostante tutto.
Loro vanno avanti certi dell’omertà garantita da persone come te, e in fondo abusano anche di loro.
Il gesto dell’ombrello di don Pierino in effetti, è diretto a noi tutti, e con lui, lì a schernirci c’è tutto un mondo parassitario di destra estrema che la sincerità di Fiorenza, che da posizioni vicine proviene, avrebbe sgretolato con una doccia di verità cocente.
Una verità che sempre per colpa di questo tipo di persone noi in Italia non riusciamo mai ad avere, dovendo anche subire la derisione di chi conosce la verità, sapendo che noi non possiamo farci nulla, continua a restare dov’è, ci guarda e ci sbeffeggia, dope essersi macchiato, fino a “prova”contraria, di reati tra i più meschini e vili che “uomo” possa mai commettere.
Il segno dell’ombrello, Fiorenza, Gelmini lo fa più di tutti proprio a te, e questo è indegno.
è importante che vengano fuori queste testimonianze, sono solidale e appoggio moralmente , se è il caso, materialmente, chi denuncia le malefatte di don gelmini, sono preoccupato per Brino Zanin e per quello che sta rischiando, nell’ultima mail mi diceva di essere sotto pressione, se qualcuno è disposto io aderirei a produrre un documento in difesa e solidarietà sua e di Marco Salvia, o anche a un gesto simbolico a Roma davanti il Vaticano, io ho scritto un piccolo racconto-verità sul mio rapporto (non troppo ravicinato) con don Gelmini, potrei spedire copia a chi ne volesse, a presto Angelo
Di don Gelmini lo sapevo anch’io sono di Amelia e qui sono anni che giravano non solo voci, ma confessioni vere e proprie di ragazzi che venivano a dirmelo che erano scappati o tornavano in comunità, il Gelmini se li faceva tutti nella casetta del bosco, di solito solo quelli con capelli corti e alti da un metro e 80 in su, atletici, perchè lui è un nano moralmente e fisicamente. Io lavoravo in un bar prima.Andrea