Siamo arrivati alla retorica della rivelazione. Questo accade quando la "notizia" clamorosa rovescia la realtà e la rende fiction, dunque "già visto". E sottrae alla storia i suoi strumenti, il suo rigore critico, la verifica delle fonti. E' la lezione degli scoop sulle spie naziste in Vaticano, o sul "rapporto Mitrokhin". – Di Sandro Portelli, Il Manifesto 12 luglio 2000
Figuriamoci se non mi divertirebbe sapere che Monsignor O'Faherty -"venerato come un santo" per avere salvato ebrei e clandestini durante l'occupazione tedesca di Roma, "primula rossa" all'occhiello del discutibile Vaticano di Pio XII – era in realtà una spia hitleriana camuffata. Questo quanto proclamano i giornali in questi giorni [pubblicati su questo sito qui e qui], sulla base di documenti resi noti dalla Cia: «Una spia nazista in Vaticano: svelò i piani dello sbarco alleato» (la Repubblica, 1 luglio, prima pagina); «I due volti di O'Flaherty nazista sotto la tonaca» (2 luglio). Proprio mentre il Vaticano insiste a cercare di beatificare Pio XII (e Pio IX), davvero uno scoop non da poco.
Ma proprio perchè uno portato a desiderare di crederci, bisogna imporsi un minimo di vigilanza, e andare a guardare le carte: se pretendiamo rigore critico nei confronti nostri, dobbiamo cominciare noi a esercitarlo verso gi altri. Il documento su O'Flaherty, reperibile sul sito italiano della Cnn, la traduzione inglese di un telegramma inviato da Kappler (comandante delle Ss a Roma) ai suoi superiori, in data 19 ottobre 1943 e intercettato dai servizi segreti alleati, dice: «Il rappresentante della Croce Rossa Americana in Vaticano, l'irlandese Monsignor O'Flaherty, che è amico dell'inviato diplomatico Osborne, ha detto a un informatore attendibile di qui nel corso di una discussione oggi, fra l'altro, che oltre a 4 o 5 divisioni italiane si trovano in Sardegna ora anche 2 divisione americane. Poichè uno sbarco anglo-americano nei Balcani sgradito ai russi, questi (ha detto) sono costretti a scegliere come obiettivo un'avanzata in Italia. O'Flaherty ha dichiarato che c'era una probabilità di uno sbarco imminente dalla Sardegna fra Civitavecchia e Livorno».
Ora, non escludo che esistano e vengano fuori altre e più decisive carte. Ma allo stato dei documenti non mi pare che ci sia luogo a procedere. I "piani svelati" da O'Flaherty sono sostanzialmente congetture e auspici di dominio comune a Roma in quei mesi, chiacchiere quasi sempre vaghe e imprecise. Infatti l'"imminente" sbarco avvenne più di tre mesi dopo, e fu ad Anzio, non fra Civitavecchia e Livorno. A ben leggere, quello che viene fuori non è tanto che il monsignore rivelava ai nazisti i piani degli alleati, quanto che i nazisti avevano in Vaticano un "informatore attendibile" che ascoltava e riferiva i discorsi che sentiva in giro.
La cosa paradossale è che uno degli articoli che ho citato è firmato da un illustre giornalista democratico, che qualche tempo fa si trovò bollato come spia sovietica esattamente nelle medesime circostanze: aveva parlato con una persona che era un informatore del Kgb e aveva riferito ai suoi superiori i contenuti della conversazione. Tanto era bastato per elencarlo come collaboratore nel famigerato rapporto Mitrokhin. Infatti questa storia mi sembra esattamente speculare a quella delle "spie russe" del rapporto Mitrokhin, e induce a qualche riflessione sui rapporti fra media e storia, sulle pulsioni del revisionismo, e su un atteggiamento diffuso nei confronti della storia.
E' fine del giornale la meraviglia: le news devono essere clamorose, sorprendenti e soprattutto nuove. Ma la storia si occupa del passato, e il solo modo per renderlo nuovo è di rovesciarlo con rivelazioni clamorose. C'è ben altro, nelle carte della Cia: per esempio, la conferma del fatto che gli alleati sapevano della deportazione degli ebrei romani, e non hanno detto niente; o ulteriori indicazioni sul ruolo di Erich Priebke. Anche per ribadire le complicità della Chiesa col nazismo, sono molto più efficaci e documentate le conferme che emergono sul comportamento del cardinale Schuster. I giornali ne parlano, ma il "caso" O'Flaherty ruba la scena perchè non arricchisce e articola la conoscenza del passato, ma la rovescia. La retorica della rivelazione – il santo che diventa criminale, gli "insospettabili" che diventano spioni sovietici – prevale persino sull'esigenza di verificare le fonti.
E' una forma estrema della spettacolarizzazione della notizia: intesa non solo nel tono enfatico e spettacolare delle notizie, ma anche nel senso che vengono presentate sempre più come ripetizione di spettacoli già visti. I titoli sono spesso citazioni di film, romanzi o tv; i fatti di cronaca si illustrano con immagini da film (ogni storia di stupro accompagnata dalla solita fotografia dal Il branco; su ogni delitto si chiede l'opinione a qualche giallista…). Paradossalmente, le news sono novità sorprendenti ma sono già accadute – al cinema o nei romanzi.
Così, come è stato vangelo il rapporto Mitrokhin (preso per buono persino dai suoi bersagli), sono vangelo le carte della Cia: invece di annullarsi per la condivisa scarsa attendibilità, le due serie di scoop si rinforzano a vicenda anche perchè sono l'una la ripetizione dell'altra. I servizi segreti, Cia o Kgb che sia, sono le fonti ideali di queste narrazioni, sia perchè, per definizione, ogni loro uscita pubblica è un segreto svelato, sia perchè si inseriscono direttamente dentro un genere narrativo consacrato, da Le Carrè a Ian Fleming. La "sorpresa" di queste narrazioni consiste infine in una conferma del già saputo: gli eventi coincidono con le nostre aspettative di fruitori di racconti, fiction o non-fiction non importa perchè hanno tutti la stessa tonalità. Ogni narrazione si porta dentro un'ideologia, e in questo caso si tratta di quella, sempre più diffusa, che vede la storia come territorio sottratto alla conoscibilità degli esseri comuni, e quindi all'azione dei cittadini. La storia non si rappresenta poi come una sfera pubblica in cui agiscono "le masse" o le èlite: la storia è un segreto, e la fanno le spie, gli infiltrati, gli agenti segreti. Non più un vasto e complesso processo sociale, ma (come la cronaca) un susseguirsi di singoli decisivi e puntuali eventi: il "piano svelato", il documento segreto, l'arma decisiva…
Le delega della storia ai servizi segreti è un'estensione di un'altra tendenza già consolidata, e cioè la delega al sistema giudiziario. Fasi cruciali della nostra storia – la resistenza, gli anni '70, Tangentopoli – entrano nel senso comune attraverso i processi, con un analogo effetto di accanimento sul dettaglio e riduzione di complessità e di senso. Il trasferimento della storia ai tribunali avalla un altro messaggio implicito, e cioè che la storia sia non solo un susseguirsi di eventi discreti e puntuali, ma che la maggior parte di questi eventi siano crimini e delitti (tanto più nel '900). Infatti le rivelazioni che escono dagli archivi segreti tendono ad avere natura criminale: lo scoop ideale è sempre la scoperta che quello che si credeva bene era male, che una persona rispettata era un criminale o un doppiogiochista, mai il contrario (a meno che, naturalmente – come in un antico romanzo di Cooper – l'eroe non si finga criminale per motivi di spionaggio). Questa è una delle pulsioni profonde del revisionismo: non un approfondimento ma una sporcatura, del passato di tutti. Storia segreta, storia criminale: la sfera pubblica o non esiste o è contaminata. Due buone ragioni per tenersene alla larga, magari coltivando hobby "storici" fatti di eccitanti letture scandalistiche sul passato (ne sono piene le edicole) e nel contempo per non mettere le mani nella storia che si sta svolgendo ora.
Poi può darsi benissimo che escano altri documenti a prova che Monsignor O'Flaherty era davvero una spia di Hitler (Kappler sottolinea che era irlandese, e per motivi di ostilità all'Inghilterra l'Irlanda aveva posizioni ambigue…). Dopo tutto, farebbe comodo alla "mia parte", perchè rinforzerebbe le critiche che tanti di noi vanno da tempo facendo al Vaticano per il suo ruolo in quei giorni. Ma in realtà non mi servirebbe; sono ben altri i terreni su cui si deve svolgere una discussione del genere; O'Flaherty spia oppure O'Faherty eroe non ne sposta i termini. Perciò quello che mi preoccupa non tanto l'eventuale necessità di una revisione della sua figura, quanto questa disponibilità immediata, tipica dei revisionismi odierni, ad accettare e amplificare il peggio in atto senza quel tanto di vaglio critico dei documenti che l'accortezza storica dovrebbe suggerire.
fonte: http://alessiaguidi.provocation.net/vaticano/gola.htm#3