Nuove rivelazioni dagli archivi Usa. Il ruolo di Schuster e dell'irlandese O'Flaherty. – di Riccardo Orizio, La Repubblica, 13 luglio 2000.
College Park (Maryland) – I nazisti avevano una insospettabile gola profonda in Vaticano: il monsignore irlandese O'Flaherty, che rappresentava la Croce Rossa Usa. Un alto prelato al quale fino a ieri la storia assegnava un posto da eroe che aiutò gli ebrei, e che invece avvisò addirittura una fonte Ss dell'imminente sbarco in Italia degli Alleati. Ancora: gli agenti segreti delle Ss trasferivano grosse somme di denaro tra Milano e Roma grazie al cardinale Ildebrando Schuster, mentre gli 007 nazisti erano in costante contatto con aristocratici come Tassillo von Fuerstenberg (il genero del senatore Agnelli) e Junio Valerio Borghese, in vista di un nuovo Reich senza Hitler.
Mussolini ordinava il furto di opere d'arte per farne poi gentile omaggio a Hermann Goering, in nome dell'amicizia nazi-fascista. Priebke si occupava probabilmente dell'oro sequestrato agli ebrei romani. E nelle 28 casse che costituivano il tesoro di guerra del maresciallo Rodolfo Graziani, il vicerè d'Etiopia, gli Alleati trovarono piatti e posate provenienti dal palazzo reale di Addis Abeba e l'aquila d'oro massiccio del trono di Hail� Selassi�.
Sono questi alcuni dei nomi e degli episodi che, dopo sei decenni di segreto assoluto, escono dai 400 mila documenti appena declassificati dalla Cia, finalmente riapparsi in decine di scatoloni di cartone grigio al secondo piano di una palazzina di College Park, a metà strada tra Washington e Baltimora. Le scatole contengono intercettazioni "catturate" all'insaputa dei nazisti, diari sequestrati a prigionieri di guerra, interrogatori di agenti che facevano il doppio gioco. In molti casi, sono segreti imbarazzanti per gli Alleati. Come quando scoprirono senza agire il piano di deportazione degli ebrei romani.
«Secondo i miei calcoli, dopo la traduzione e vari passaggi burocratici i vertici britannici entrarono in possesso di quei documenti intorno all'11 ottobre, quindi con cinque giorni di preavviso sulla retata. Non hanno agito perchè l'intelligence cercava segreti militari, non si occupava di questioni umanitarie. E poi agire avrebbe voluto dire far sapere ai tedeschi che le loro comunicazioni erano decifrabili», spiega Timothy Naftali, storico dell'Universita della Virginia che ha selezionato per conto della Cia i 400 mila documenti declassificati lo scorso lunedì.
E' grazie a questi documenti che oggi si sa che la retata dei mille ebrei romani, per esempio, avvenne con la piena approvazione del maresciallo Rodolfo Graziani. Che una simile retata era stata prevista per Napoli, ma fallì «causa il clima ostile della città». E che non fu affidata ai carabinieri perchè considerati dai nazisti «inaffidabili» (Kappler ordinò che fossero disarmati). Che il clima era già così ostile da obbligare i nazisti a minacciare gli uomini che rastrellavano gli ebrei di «ritorsioni contro le famiglie» se non eseguivano gli ordini «in modo conforme».
Sempre da questi documenti si sa che all'inizio d'ottobre del '43 i nazisti confiscarono agli ebrei romani 50 chili d'oro. Il comando tedesco di Roma cercò subito di inviare il bottino alla Reichsbank di Berlino. Il 7 ottobre un telegramma da Berlino dice, enigmatico: «Non abbiamo ancora ricevuto il camion di Priebke. Sappiamo che è ancora all'ambasciata tedesca. Pregasi investigare». Cosa trasportava quel camion? L'oro?
Pochi giorni dopo un teleamma cifrato inviato da Roma tranquillizza Berlino: «Il camion con i vestiti di Mafalda, di Cino e del Principe Filippo von Hessen e gli altri oggetti provenienti dalle due case è stato caricato insieme all'oro diretto a Milano» e poi in Germania.
Forse Priebke si occupò degli effetti personali di Mafalda di Savoia, del marito von Hessen e Galeazzo Ciano (che, non più ambasciatore, era in Germania e ancora sperava in un visto per la Spagna). Di certo questo chiarisce per sempre che Priebke era un uomo-chiave nella gerarchia nazista della Roma del 1943. Chiarisce anche che un regime come quello nazista si occupa con la stessa efficienza dello sterminio degli ebrei, ma anche del guardaroba della famiglia Ciano.
Leggere questi documenti è come guardare l'Olocausto dal buco della serratura. Ci sono dei dialoghi intercettati al nemico che sembrano presi da uno scandente film di spionaggio sulla seconda guerra mondiale. E' l'aprile del '45. Il viceammiraglio Utke della Marina del terzo Reich conversa amabilmente con l'amico e contrammiraglio Engel. Utke gli chiede: «Ma tu ci credi a queste storie sui campi di concentramento?». Engel risponde: «Certo, è ovvio. Io so da molto tempo cosa accade dentro posti come Belsen e Buchenwald. Anzi, una volta a Posen uno mi ha raccontato come ammazzava personalmente gli ebrei. Ricordo di avergli chiesto perchè uccidesse anche i bambini. Lui mi rispose: "Perchè non sono un codardo e i lavori li faccio fino in fondo". Beh, qualunque giudizio si abbia sugli ebrei, per me un bambino resta un bambino». Utke: «Ma non posso credere che i nostri siano così stupidi da continuare a perpetrare questi orrori a due o tre settimane dall' invasione (degli Alleati)!». Il dialogo prosegue per pagine intere. Tra battute sui forni crematori («In fondo spero anch'io di poter morire in modo così rapido, quando sarà l'ora») e i sogni per il futuro («Quando è finita vorrei fare il maestro in campagna, chissà se gli americani me lo permetteranno»), gli ammiragli parlano, parlano. E gli Alleati ascoltano. Anzi, traducono.
Nel diario di Guido Zimmer, agente dello spionaggio Ss in Italia, ci sono le prove di un capitolo oscuro della seconda guerra mondiale: il tentativo di alcuni aristocratici filo nazifascisti di negoziare un armistizio anticipato con gli Alleati per consentire al Reich – depurato di Adolf Hitler e depurato forse anche del partito nazista – di sopravvivere alla sconfitta militare. I nomi? Il diario di Zimmer spiega che in questa operazione furono coinvolti due principi: Tassillo von Furstenberg, il marito di Clara Agnelli (la figlia del senatore Giovanni Agnelli), cittadino tedesco di casa a Torino e alla Fiat; e Valerio Borghese, il comandante della Decima Mas, che «combatte una sua guerra personale contro le popolazioni slave» ed era pronto anche a negoziare con gli Alleati in funzione anti- russa.
Molti protagonisti avevano posizioni ambigue. Come il cardinale Ildebrando Schuster, che aiutava a trasferire denaro tra Milano e Roma per conto – chissà se in modo consapevole – di agenti nazisti. Altri hanno commesso peccatucci di altro tipo: Graziani aveva nascosto in una chiesa romana il vasellame d'argento del Negus.
Come in ogni guerra, tutti ne sono usciti con le mani sporche. Vincitori e vinti. Le conversazioni tra alti ufficiali tedeschi confermano che i vertici militari erano consapevoli dell'Olocausto, delle sue dimensioni e della sua tragica realtà quotidiana. Ma anche gli americani sapevano sin dal '42 che i tedeschi prevedevano di portare in Germania 300 mila "volontari" italiani e metterli al lavoro nelle fabbriche del Reich. «Sì, ma per evitare queste grandi tragedie bisognava prima vincere la guerra», dice lo storico Naftali.
fonte: http://alessiaguidi.provocation.net/vaticano/gola.htm