LAURA E LE SUE SORELLE
Oltre il muro di molti conventi in Africa, la vita per le suore non è per niente serena. Soprattutto quando i pericoli arrivano da sacerdoti e vescovi. E la Chiesa preferisce chiudere un occhio, quando non addirittura due di Emanuele Quaranta. Questa è la storia di Laura e delle sue tante, abusate, sorelle. Una storia triste e violenta, avvenuta per lunghi anni nel più tetro silenzio, in quel buio fitto in cui le vittime non hanno mai avuto voce. E quando hanno tentato di riprendersela e di alzarla, protestando e denunciando i crimini cui sono state sottoposte, non sono state ascoltate da chi avrebbe dovuto proteggerle.
Laura aveva 17 anni quando si è fatta suora. Ne aveva 27 quando è stata violentata da un prete. E ne aveva qualcuno più di 30 quando ha avuto il coraggio, per la prima volta, di parlare pubblicamente di ciò che le era successo, sconvolgendole – anzi distruggendole – la vita. Laura è un nome fittizio, ma il resto del suo racconto è oro colato. La sua storia ha come fondale un paese dell’Africa occidentale sconvolto dalla pandemia dell’Aids, forse la Nigeria o il Ghana o la Sierra Leone, o chissà quale altro. E ha come contesto una Chiesa cattolica che, in quel continente, non ha mai nascosto troppo bene la sua indifferenza verso uno dei precetti morali che in Vaticano ritengono obbligatori: il voto di castità e l’obbligo del celibato sacerdotale.
Il coming out di Laura è avvenuto nell’aprile 2001, quando ha rilasciato una lunga intervista al settimanale americano National Catholic Reporter. Ma per una Laura che riesce finalmente a liberarsi dalla paura e a denunciare il fenomeno sulla stampa, ce ne sono altre cento, mille, che rimangono in un muto terrore e continuano a subire le violenze e le molestie sessuali di sacerdoti e vescovi. La storia di Laura è semplice e, a suo modo, sui generis. Perché lei è una ragazza ingenua e piena di fede, ma anche più colta e di posizione sociale più elevata rispetto a tante sue consorelle. Appena entrata in convento comincia a subire le richieste pressanti di preti e religiosi cattolici, che magari dovrebbero essere padri spirituali e confessori, perché ceda loro le sue grazie. Forte di una non comune solidità di carattere, rifiuta e rifiuta ancora. E la cosa non è affatto semplice: le piccole congregazioni femminili come la sua, in Africa, dipendono totalmente – economicamente e spiritualmente – dal vescovo e dai sacerdoti delle diocesi. Senza la loro benevolenza, non ci sono soldi, non ci sono incarichi pastorali, non c’è neppure la possibilità di spostarsi da un luogo all’altro, dato che le automobili sono merce troppo costosa per un modesto convento di suore. Molte sue consorelle cedono. Anche perché in Africa il prete è quasi un Dio: un capo religioso indiscutibile, un uomo colto e potente, a cui è quasi impossibile dire di no. Ma Laura, nonostante tutto, non molla. Fino a che il caso non la mette nelle mani del suo carnefice: un viaggio verso un piccolo villaggio rurale insieme a un sacerdote; la pioggia che li costringe a fare tappa in un luogo isolato; infine lo stupro, contro cui Laura si ribella e combatte con tutte le sue forze, ma che egualmente non gli evita il suo destino.
Una volta rientrata al convento, Laura denuncia l’accaduto, ne parla con i superiori e il vescovo. Ma ottiene l’opposto del risultato sperato: viene emarginata, derisa, messa lei stessa sul banco degli accusati. Fino a che, esasperata e sull’orlo di una crisi nervosa, viene tratta in salvo dalla sua facoltosa famiglia, che la manda a studiare negli Stati Uniti. Dove infine raccoglie le forze, riuscendo a lasciare la sua congregazione religiosa e a ricostruire i pezzi della sua vita. Esistono diversi rapporti, più o meno segreti, che fotografano "il problema degli abusi". La vicenda di Laura potrebbe sembrare, agli occhi di tanti bravi fedeli cattolici italiani, una storia orrenda, ma certo non comune, un caso isolato, un raro fenomeno di devianza all’interno di un generale e consolidato rispetto della norma. Invece no, decisamente no. E a testimoniarlo sono una serie di rapporti e di indagini svolte, ai massimi livelli, dalle stesse congregazioni religiose a livello internazionale e
dal Vaticano stesso.
Rapporti segreti stilati in un arco di tempo che va dal 1994 al 2000, presentati da suor Maura O’Donohue, medico e missionaria, che per sei anni ha svolto indagini sul tema dei religiosi e l’Aids in Africa, e da padre Robert Vitillo, direttore della Caritas internazionale, che durante un seminario a porte chiuse con esperti e leader religiosi cattolici di tutto il mondo al Boston College ha tenuto una dettagliata relazione su Le sfide teologiche poste dalla pandemia dell’Aids. Il terzo rapporto segreto risale al 1998, si intitola Il problema di abusi sessuali di religiose africane in Africa e a Roma e viene presentato da suor Marie Mc Donald in occasione di un incontro del consiglio dei 16, un organismo che riunisce periodicamente i rappresentanti dei superiori generali delle congregazioni religiose maschili, di quelle femminili, e della Congregazione vaticana che controlla e supervisiona la vita degli ordini religiosi cattolici. L’ultimo documento, infine, è del 2000 e ne è autrice una monaca che è anche psicologa, suor Esther Fangman, che lo illustra con dovizia di particolari al congresso internazionale dei 250 abati e badesse benedettine di tutto il mondo.
Tutti e quattro i documenti, venuti alla luce grazie al National Catholic Reporter e all’agenzia di stampa italiana Adista, sono di una concretezza e di una sincerità da far accapponare la pelle. Vi vengono documentati migliaia di stupri, violenze e molestie sessuali subite da suore e per mano di sacerdoti. Ventitré paesi toccati da casi del genere, in tutti e cinque i continenti. Tristemente, però, è l’Africa l’area in cui si registra il maggior numero di abusi.
Questo, spiegano i redattori dei diversi rapporti, per due motivi: in primo luogo perché nella Chiesa cattolica locale – e dunque anche nel clero autoctono – celibato e castità non sono sentiti come un valore, anzi contrastano con la concezione tipicamente africana che unisce saldamente l’autorevolezza del maschio con la sua fecondità sessuale. Il secondo fattore è l’enorme diffusione del virus dell’Aids, che nel continente sta sterminando un’intera generazione. A causa del terrore del contagio, i sacerdoti attivi sessualmente – la grande maggioranza, stando agli estensori dei documenti riservati – se in precedenza si rivolgevano per lo più alle prostitute, con il tempo sono andati alla ricerca di face di popolazione femminile "non a rischio", in particolare ragazze giovanissime, ma soprattutto suore e monache.
Suor Maura O’ Donohue, nel 1995, ha l’occasione di illustrare il suo rapporto direttamente al cardinale Martinez Somalo, prefetto della Congregazione per i religiosi. E non gli risparmia i particolari.
Racconta, ad esempio, di un caso eclatante avvenuto in Malawi: il vescovo di una diocesi costringe alle dimissioni le superiori locali perché queste si erano rivolte a lui per denunciare che 29 suore dei loro conventi erano state messe incinte da un gruppo di preti. Oppure racconta di quell’altra tragedia nella quale un prete violenta una suora, la mette incinta e poi la costringe ad abortire. Durante l’intervento, piuttosto artigianale, la religiosa muore e, qualche giorno dopo, il sacerdote ne celebra la messa funebre. Insomma, spiega dal canto suo suor Mc Donald nel suo rapporto, "le molestie sessuali e anche lo stupro di suore da parte di preti e vescovi è – a quanto ci risulta – evento comune.
E talvolta, quando una religiosa resta incinta, il prete insiste perché abortisca". Se il fatto viene alla luce, aggiunge suor Mc Donald, la donna che ne è vittima "viene punita con l’espulsione dall’ordine, mentre il prete per lo più viene soltanto trasferito in un’altra parrocchia oppure inviato all’estero a studiare". Anche la relazione di padre Vitillo è assai esplicita e coraggiosa nella denuncia. "Alcuni preti", afferma, "raccomandano alle suore di assumere anticoncezionali, e approfittano della loro ingenuità facendo loro credere che la pillola impedisce la trasmissione del virus dell’Hiv. Altri hanno incoraggiato le suore con cui hanno avuto relazioni ad abortire. Alcuni medici che lavorano in ospedali cattolici locali mi hanno raccontato di aver ricevuto forti pressioni da parte di sacerdoti perché facessero abortire delle suore". Per decenni, su questo tragico fenomeno, "c’è stata una cospirazione del silenzio", afferma suor Mc Donald nel suo rapporto, "Ma soltanto se cominceremo a guardare in faccia la realtà onestamente, saremo in grado di trovare delle soluzioni". Eppure nonostante la forza di tali denunce, poco o niente è stato fatto. Nel 2001, quando quei quattro documenti su cui era stampigliato strettamente confidenziale arrivarono sulla stampa, il Vaticano – tramite la sala stampa – si trincerò dietro un asciutto "no comment". Soltanto un "officiale" della Congregazione per i religiosi, nascosto dietro l’anonimato, si concesse la libertà di dichiarare a un giornale che "la vicenda è a conoscenza della Santa Sede, che sta prendendo le misure del caso".
Eppure, nessun documento ufficiale, nessuna direttiva pubblica è stata emanata nel frattempo. Stessa inazione e disattenzione è stata manifestata in Africa, dalle Conferenze episcopali nazionali. In Nigeria, la reazione alla pubblicazione dei documenti riservati da parte di religiosi e vescovi
furono molto irritate. L’Amecea, l’organismo che riunisce gli episcopati dell’Africa orientale, arrivò ad accusare gli estensori dei rapporti di "slealtà". Soltanto la Conferenza episcopale sudafricana, grazie all’impegno del cardinale Wilfried Napier della diocesi di Durban, pubblicò un documento pastorale in cui ammetteva che "le autorità ecclesiastiche sono in difficoltà quando si tratta di affrontare simili casi" e istituiva un protocollo di comportamento, nonché una serie di misure per punire i sacerdoti rei di simili crimini. A distanza di cinque anni dallo scandalo che la pubblicazione dei quattro documenti riservati aveva prodotto nell’opinione pubblica cattolica a livello mondiale, la vicenda delle suore stuprate dai sacerdoti – in Africa e anche altrove – è tornata nel dimenticatoio. Non ci sono tracce che un fenomeno descritto come "comune" sia stato affrontato con decisione e incisività. La congiura del silenzio sembra averla avuta vinta.
Chissà che cosa ne è stato di Laura? Se è riuscita a trovare la sua serenità, dopo quella terribile violenza; se è riuscita a conservare la fede, nonostante lo schifo per le persone che, di quella fede, avrebbero dovuto esserle maestri. E chissà che cosa ne è stato delle sue tante, abusate, sorelle.
da: http://www.donvitaliano.it/?p=289