Bologna: obiezione e caccia alle streghe!

Il 7 marzo a Bologna alcun* attivist* del TPO hanno fatto una azione di protesta [Video] davanti una farmacia per lanciare “una campagna di boicottaggio alle farmacie che non vendono il contraccettivo di emergenza (pillola del giorno dopo) con un’azione simbolica: lanciando polistirolo a forma di pillola, esponendo uno striscione, volantinando e attaccando adesivi sulla vetrata della farmacia. Il responsabile della farmacia aveva reagito in modo molto violento, insultando, aggredendo una delle militanti e cercando di stapparle il megafono, salvo poi denunciare i manifestanti stessi.”


La curia bolognese reagisce con una scomunica ufficiale e dedica alle/i manifestanti un aggressivo editoriale sulla prima pagina di Bologna Sette, il supplemento bolognese del quotidiano Avvenire, organo dei vescovi italiani, che scatena una caccia alle streghe. Le/gli attiviste/i sono quindi state denunciate per manifestazione non autorizzata. In basso trovate tutti i comunicati e gli articoli che vi spiegano bene come è andata. Prima però vorrei farvi leggere una ottima e necessaria premessa che trovo sul sito dell’Osservatorio delle donne sulla salute.

A pochi giorni dal suicidio del medico genovese, indagato per aver realizzato aborti clandestini diventa ancora più indispensabile chiarire su quali punti si basa questa inquisizione firmata dalla chiesa [Leggi questa inchiesta sull’ospedale genovese sotto l’influenza di Bagnasco per saperne di più e quest’altro bell’approfondimento di Lameduck…]

Riporto da OsservA RosA:

Di seguito riportiamo l’articolo 9 che riguarda l’obiezione di coscienza. La Legge è naturalmente la L194/78 ovvero…
Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza. Ancora inapplicata in vari articoli: non è stato attivato per effettuare IVG alcun ambulatorio appositamente attrezzato funzionalmente collegato all’ospedale, dopo la settimana di riflessione l’intervento urgente può essere programmato a distanza di 4 settimane, non è stata introdotta in Italia alcuna tecnica innovativa, compreso l’aborto farmacologico. I consultori familiari, preposti alla vengono progressivamente “disattivati” (da 3000 a 2000 dal 1994 ad oggi).

Articolo 9

Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 (gli articoli riguardano le procedure per l’IVG – NdR) ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni. L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale. L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente.

>> E’ chiaro alla lettura che questo articolo non viene rispettato da medici, infermieri che obiettano. Perchè se è vero che “l’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento(…) delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”, è altrettanto vero che molt* si rifiutano di:

1) preparare le donne all’intervento e di prendersene cura alla fine dell’intervento. Ci sono casi in cui donne non sono state assistite al termine dell’intervento e si sono viste rifiutare l’aiuto fino all’arrivo del non-obiettore (infermiere o medico).

2) prescrivere la Pillola del giorno dopo (generalmente il farmaco prescritto è il Lavonelle, attenzione a distinguerlo dalla RU486 che è invece un farmaco abortivo commercializzato nel resto d’Europa e che evita l’intervento chirurgico alle donne). Ora, questo è un metodo contraccettivo d’emergenza e perciò non è regolato dalla L.194. L’obiezione riguardo alla prescrizione della pillola del giorno dopo E’ ILLEGALE e VA DENUNCIATA alle autorità di competenza (tutte le info su come denunciare qui).

In questo senso hanno agito le compagne del TPO con la loro dimostrazione contro la Farmacia Sant’Antonio , subendo poi ben 17 denunce.

>> Inoltre se è vero che “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8 e la regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale”, è altrettanto vero che questo non avviene e le regioni non controllano (nella maggior parte dei casi) o non controllano abbastanza, l’espletamento effettivo della legge!!!

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Comunicato in risposta all’editoriale su Bologna sette:

Diversamente da quanto sostiene l’editorialista di Bologna Sette l’iniziativa non voleva educare né tantomeno punire nessuno: “punirne uno per educarne cento” è una filosofia che non ci appartiene per nulla. “Boicotta chi decide per te” è una campagna di invito al boicottaggio che si basa sulla libera scelta dei cittadini e dei consumatori ponendo alla loro attenzione che la Farmacia S. Antonio, come altre, non fornendo il contraccettivo di emergenza compie un’omissione di atti di ufficio e di interruzione di pubblico servizio, come specificato anche dall’Ordine dei Farmacisti Bolognesi con una circolare e come sancito dall’art. art. 328, comma 1, c.p. (Rifiuto d’atti d’ufficio) del R.D. del 30 settembre 1938, n. 1702.

Innanzitutto prendiamo atto ancora una volta che la Curia bolognese interviene su temi d’attualità con i toni esasperati ed isterici che le sono propri quando deve confrontarsi con manifestazioni di critica e dissenso. La Curia bolognese fa invito a non rispettare la libertà di scelta e di autoderminazione delle donne in virtù di un autorità religiosa che a nostro avviso non può essere superiore sul piano etico alle conquiste civili e democratiche, in nome di una fede religiosa sprezzante dei percorsi di emancipazione e liberazione che hanno portato alla depenalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza, alla conquista della contraccezione e più in generale alla possibilità di determinare le proprie vite.

Non accettiamo né prediche né accuse da chi riconosce diritti solo alla famiglia e alla eterosessualità, da chi impedirebbe la distribuzione di profilattici e contraccettivi anche nei paesi dove l’HIV è la prima causa di mortalità, da chi considera gay, trans e lesbiche persone malate da redimere, da chi accusa di assassinio le donne che ricorrono all’aborto, da chi strumentalizza o censura a piacimento il progresso scientifico, da chi impedisce e limita con gravi conseguenze l’accesso all’interruzione di gravidanza negli ospedali.

Gli attacchi dalle pagine dell’Avvenire dimostrano in realtà la paura e la fragilità di un potere religioso che si maschera dietro al diritto alla vita ma che teme la libertà d’espressione, di scelta, di autodeterminare le proprie esistenze ed erige barricate per difendere il proprio potere e la propria autorità, con una visione della società parziale, identitaria, superata.

Così leggiamo anche la reazione del farmacista che, chiamato a rispondere pubblicamente delle proprie convinzioni ha reagito in modo violento, urlando insulti volgari e scurrili, menando sberle e tentando di strappare brutalmente il megafono alla compagna che in quel momento comunicava le ragioni dell’iniziativa, come si può vedere dal filmato di GlobalProject. A tal proposito abbiamo delegato i nostri avvocati di adire vie legali per l’aggressione e per le diffamazioni ricevute.

*Contro ogni fondamentalismo ribadiamo la nostra libertà di scelta!* *TPO* *Bologna, 10 marzo 2008*

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Diciassette sono state denunciate per manifestazione non autorizzata dopo l’azione di denuncia pubblica di venerdì 7 marzo alla Farmacia San Antonio di via Massarenti a Bologna che non vende la pillola del giorno dopo.
Un cinquantina di attiviste/i avevano lanciato una campagna di boicottaggio alle farmacie che non vendono il contraccettivo di emergenza con un’azione simbolica: lanciando polistirolo a forma di pillola, esponendo uno striscione, volantinando e attaccando adesivi sulla vetrata della farmacia. Il responsabile della farmacia aveva reagito in modo molto violento, insultando, aggredendo una delle militanti e cercando di stapparle il megafono, salvo poi denunciare i manifestanti stessi.

Il fatto in questi giorni sta scatenando un clima di tensione a cui ha contribuito il tono di condanna usato dalla Curia Bolognese, che domenica dalle pagine di Bologna Sette, settimanale diocesano supplemento del quotidiano Avvenire, ha accusato le manifestanti di essere delle violente e di voler fare “Strategia del terrore”. “Se gli occupanti vogliono fare del loro corpo quello che più gli piace facciano pure – scrive l’organo della Diocesi di Bologna – ma non pretendano di ottenere con la violenza e simili manifestazioni la cooperazione di chi sulla base di dati medico-scientifici e professionali è profondamente contrario: se così fosse violenterebbero la libertà personale e professionale di coloro che esercitano un servizio sanitario”.

Sui fatti è intervenuto anche il presidente dell’ordine dei farmacisti Franco Cantagalli che ha ribadito: niente obiezione sulla “pillola del giorno dopo” e si è richiamato a una circolare emessa a novembre che avvisava i farmacisti di poter incorrere in “omissione o rifiuto di atti d’ufficio” nel caso non vendessero il contraccettivo d’emergenza.

Fonte-> Global Project

—>>>La vignetta viene da qui!

Femminismo A Sud – 13 marzo 2007

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