Il 29 febbraio è stato ricevuto da Benedetto XVI il nuovo ambasciatore americano presso la Santa Sede, la cattolica Mary Ann Glendon.
Negli anni passati, la Glendon ha lavorato a stretto contatto con la Santa Sede, un lavoro tutto incentrato attorno alle tematiche della vita che l’ha portata a divenire, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, visiting professor alle pontificie università Gregoriana e Regina Apostolorum di Roma e in seguito, nel 1995, capo della delegazione vaticana alla conferenza di Pechino sulle donne. In questa occasione, si distinse per la tenacia e l’abilita’ con cui difese le posizioni vaticane su aborto, contraccezione, salute femminile. A partire dal 2004, è stata presidente della pontificia Accademia delle Scienze Sociali mantenendo, nel contempo, l’insegnamento di legge all’università di Harvard.
L’auspicio della Santa Sede è che questa tenace pro-life continui a difendere con coraggio il diritto alla vita.
Manca poco più di un mese al viaggio di Benedetto XVI negli Stati Uniti (dal 15 al 20 aprile, con tanto di visita alla sede dell’Onu) e ieri il Pontefice, ricevendo le lettere credenziali dal nuovo ambasciatore statunitense presso la Santa sede, Mary Ann Glendon – quasi 70 anni, è nata a Pittsfield, nel Massachusetts -, ha di fatto enucleato le tematiche principali che andrà a toccare trasvolando l’Atlantico.
Per Benedetto XVI esiste un paese, gli Usa, che più di altri può promuovere quei diritti umani fondamentali fondati nei princìpi della legge morale: tra questi, innanzitutto, la vita dal suo inizio al suo termine e la famiglia fondata sul matrimonio, e poi la pace per tutti i popoli, la lotta alle grandi pandemie come l’Aids, la promozione della donna, la lotta contro la corruzione e la militarizzazione. Diritti umani che non possono non riguardare anche la necessità di mettere in campo «pazienti e trasparenti negoziati» volti alla riduzione e all’eliminazione delle armi nucleari e, ancora, per risolvere, in scia alla Conferenza di Annapolis, i problemi del Medio Oriente.
Che gli Stati Uniti abbiano nel proprio dna la tutela dei diritti umani e per questi debbano sempre più spendersi, lo dimostra anche il modello di laicità “aperta” che li caratterizza. Negli Usa, più che altrove – e il Papa lo ha ricordato -, è tutelato e valorizzato il ruolo della religione nella sfera pubblica, un ruolo che, appunto, contribuisce alla difesa e promozione dei suddetti diritti. In questo senso, la scelta di Mary Ann Glandon quale nuova ambasciatrice Usa presso la Santa Sede al posto di Francis Rooney non è casuale. Nominata direttamente dal presidente George W. Bush non senza il beneplacito incondizionato del Vaticano, è lei, più di altri, a offrire garanzie che questi diritti che la Chiesa cattolica ritiene fondamentali, siano sempre sollecitati e fatti presenti in quel di Washington. Mary Ann, negli anni passati, ha lavorato a stretto contatto con la Santa Sede. Un lavoro tutto incentrato attorno alle tematiche della vita e che, all’inizio della sua ascesa, l’ha portata a divenire, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, visiting professor alle pontificie università Gregoriana e Regina Apostolorum di Roma. Poi, nel 1995, capo della delegazione vaticana alla conferenza di Pechino sulle donne. E, infine, nel 2004, presidente della pontificia Accademia delle Scienze Sociali mantenendo, nel contempo, l’insegnamento di legge all’università di Harvard.
Ciò che il Papa polacco amava di lei erano soprattutto le idee pro life avanzate sempre con costanza e coerenza. Memorabile, in questo senso, fu una dichiarazione che la Glendon rese a Pechino a nome della Santa Sede: «La conferenza vuole contrastare le violenze patite dalle donne? – si chiese -.Giusto. E allora prendiamone nota. Tra le violenze ci sono i programmi obbligatori di controllo delle nascite, le sterilizzazioni forzate, le pressioni ad abortire, la preselezione dei sessi e la conseguente distruzione dei feti femminili».
Pechino fu per Mary Ann una tappa importante. Fu qui che le venne in mente di scrivere “A World Made New”, Un mondo fatto nuovo, uscito in America per i tipi di Random House. Fu la prima ricostruzione storica su fonti largamente inedite di come nacque tra il 1945 e il 1948 la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: determinante, secondo la Glandon, fu il ruolo svolto da Eleonor Roosevelt, vedova dal 1945 del celebre presidente americano. Le parole anti-aborto e pro life della Glendon fecero talmente piacere a Wojtyla che, nei sacri palazzi, per mesi c’era chi diceva che se Giovanni Paolo II avesse potuto l’avrebbe fatta all’istante cardinale.
La Glendon tra il 2001 e il 2005 ha fatto anche parte della Commissione Bioetica della Casa Bianca, l’organismo che orienta le scelte di Bush in materia. Di recente ha fatto ingresso nella campagna presidenziale 2008, accettando di presiedere una commissione che offre consulenza su temi costituzionali all’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney.
La Santa Sede è convinta che con l’arrivo della Glandon i rapporti con la Casa Bianca, indipendentemente da chi vincerà le presidenziali, altro non potranno essere che sempre più diretti. Mary Ann è sposata e divorziata. Ma la sua vita privata conta poco. Ciò che interessa sono le sue idee in difesa della vita. L’auspicio della Santa Sede è che continui a sostenerle. Come fece qualche anno fa, sempre a Pechino, quando in pubblico disse: «Molti che propongono l’aborto come un diritto della donna non hanno minimamente a cuore gli interessi veri delle donne. All’ombra del movimento per il diritto d’aborto si muovono uomini irresponsabili, traffici di prostituzione, industrie che traggono i loro profitti dai corpi delle donne».
Il Riformista – 01 marzo 2008 – Paolo Rodari